LEGGETEVI LE LABELSSSSSS
http://zret.blogspot.co.uk/2013/03/soggezione.html
Soggezione
Thieves in the temple
E’ sufficiente la disposizione del mobilio in una stanza per stabilire delle relazioni gerarchiche. Pensiamo ai palazzi di “giustizia”, alle scuole, agli uffici dei diretttori… le cattedre, le scrivanie, persino le piante sono collocate in modo da esprimere i rapporti di forza tra subalterni e capi, in guisa da esibire il potere.
Alessandro Manzoni nel terzo capitolo dei “Promessi sposi” descrive lo studio dall’azzecca-garbugli, riuscendo a suggerire la soggezione che uno spaesato ed imbambolato Renzo prova al cospetto del dottore, il cui decadente prestigio si trasla nell’arredamento sontuoso, anche se trascurato e caotico. I ritratti dei dodici Cesari sono immagini del dominio e di una continuità con la cultura classica che avalla, legittima ed orna la scalcinata classe dirigente secentesca.
E’ la stessa soggezione che il cittadino comune prova entrando in un’aula di tribunale o nella sede di un’istituzione. Tutto in questi luoghi converge verso oggetti-simbolo: un crocifisso, un ritratto del presidente della Repubblica. Invano il faccione dell’ospite del Quirinale, autorità screditata, tenta di dare lustro ad autorità irrimediabilmente screditate.
Sono spesso le linee prospettiche a focalizzarsi su un fulcro prossemico ed ideologico: la simmetria nella disposizione delle suppellettili - la simmetria ha una natura rigida ed autoritaria – concorre a fissare i ruoli, a definire distanze spaziali e di status.
E’ tempo che gli uomini – quelli ancora tali – rifiutino la scala gerarchica, tanto più perché al vertice si trovano i peggiori. La soggezione degenera nell’asservimento, nell’acida deferenza.
Non domineremo, ma non intendiamo essere dominati, pur ostili a pose prometeiche, poiché, come sostiene Paul Ricoeur, "il Sé dell’uomo è altro da sé stesso: è alterità, differenza, mistero”.
E’ tempo che gli uomini provino a diventare costruttori del proprio tempio, pietre angolari, senza cercare sempre e comunque un guru su cui riversare le loro frustrazioni ed aspirazioni.
E’ preferibile un piccolo santuario, tuttavia inviolato ed inviolabile, ad un maestoso tempio, ma fatiscente e profanato da ladri e da mercanti.
E’ sufficiente la disposizione del mobilio in una stanza per stabilire delle relazioni gerarchiche. Pensiamo ai palazzi di “giustizia”, alle scuole, agli uffici dei diretttori… le cattedre, le scrivanie, persino le piante sono collocate in modo da esprimere i rapporti di forza tra subalterni e capi, in guisa da esibire il potere.
Alessandro Manzoni nel terzo capitolo dei “Promessi sposi” descrive lo studio dall’azzecca-garbugli, riuscendo a suggerire la soggezione che uno spaesato ed imbambolato Renzo prova al cospetto del dottore, il cui decadente prestigio si trasla nell’arredamento sontuoso, anche se trascurato e caotico. I ritratti dei dodici Cesari sono immagini del dominio e di una continuità con la cultura classica che avalla, legittima ed orna la scalcinata classe dirigente secentesca.
E’ la stessa soggezione che il cittadino comune prova entrando in un’aula di tribunale o nella sede di un’istituzione. Tutto in questi luoghi converge verso oggetti-simbolo: un crocifisso, un ritratto del presidente della Repubblica. Invano il faccione dell’ospite del Quirinale, autorità screditata, tenta di dare lustro ad autorità irrimediabilmente screditate.
Sono spesso le linee prospettiche a focalizzarsi su un fulcro prossemico ed ideologico: la simmetria nella disposizione delle suppellettili - la simmetria ha una natura rigida ed autoritaria – concorre a fissare i ruoli, a definire distanze spaziali e di status.
E’ tempo che gli uomini – quelli ancora tali – rifiutino la scala gerarchica, tanto più perché al vertice si trovano i peggiori. La soggezione degenera nell’asservimento, nell’acida deferenza.
Non domineremo, ma non intendiamo essere dominati, pur ostili a pose prometeiche, poiché, come sostiene Paul Ricoeur, "il Sé dell’uomo è altro da sé stesso: è alterità, differenza, mistero”.
E’ tempo che gli uomini provino a diventare costruttori del proprio tempio, pietre angolari, senza cercare sempre e comunque un guru su cui riversare le loro frustrazioni ed aspirazioni.
E’ preferibile un piccolo santuario, tuttavia inviolato ed inviolabile, ad un maestoso tempio, ma fatiscente e profanato da ladri e da mercanti.
Tralasciando questo inutile delirio di rosicamento, mi stò per imbarcare da bologna su un bel tankerone oggi è una giornate stupenda per sciare in cielo :DDDDDDDD
ReplyDeleteTi sembra una splendida giornata, in realtà il cielo è pieno di scie evanescenti e quindi invisibili, l'azzurro che vedi è una copertura chimica neurotossica e il vento che senti è ovviamente frutto delle attività di HAARP
DeleteAH AH AH. Bellissima la label "I DISINFORMATORI SONO DEI CIARLATANI IGNORANTI E GRULLI". Strano che non abbia anche scritto "I DISINFORMATORI SONO BRUTTI, CATTIVI E MI RUBANO LA MERENDA".
ReplyDeleteZret, vai ad immergere la testa nel cesso dove ha appena cagato Strakkino.
ReplyDeleteP.S.: Non tirare lo sciaquone.
Strakkino, sei un coglione.
Ubi maior, Strakkino cessat.
la disposizione del mobilio è importante, come dicono i cinesi
ReplyDeleteo forse è roba da vegancrudisti?
però (e se non sbaglio che vado a memoria qualcuno lo ha già detto) una cosa bisogna riconoscerla, zret ha un bell'archivio di immagini!