L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

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Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

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Monday, March 1, 2010

Chi ha scritto la Bibbia?

http://zret.blogspot.com/2010/03/chi-ha-scritto-la-bibbia.html

Chi ha scritto la Bibbia?

Non si riconosce alla storia il suo ruolo. Ancella del potere, è oggi mera propaganda. Originariamente la storia era testimonianza oculare il più possibile obiettiva (historia, che vale indagine, deriva da histor, "testimone", a sua volta da una radice id con il significato di "vedere", "sapere"): chiunque oggi si impegni in una vera ricerca storiografica è ostracizzato o più spesso ignorato sicché il pensiero unico continua a dominare.

In uno scrupoloso saggio intitolato Chi ha scritto la Bibbia?, Richard Elliot Friedmann si cimenta nell'impresa di stabilire la paternità dei libri che formano il Pentateuco. Basandosi su studi filologici ed esegetici e su scoperte archeologiche, il saggista, ricapitolando ed aggiustando i risultati di investigazioni che datano dal XVII secolo, formula la tesi secondo cui nella Torah confluiscono quattro fonti: J, E, D, P. J è la tradizione jahvista il cui milieu è il regno di Giuda; E è il testo elaborato all'interno del regno di Israele probabilmente da un Levita di Silo; D è il documento ascrivibile forse al profeta Geremia; P è l'insieme delle tradizioni sacerdotali elaborate da un appartenente al clero aronnita. Egli usa un linguaggio solenne, ieratico e, a differenza dei redattori di JE, reputa fondamentale l’osservanza dei sacrifici. Le prime due fonti sono i nuclei più antichi.

La conclusione interlocutoria ed aperta ad ulteriori approfondimenti nonché correzioni, è la seguente: la Torah è un corpus culturalmente omogeneo, ma risultato di stratificazioni, addizioni e sottrazioni. Friedmann, che colloca E alla fine dell'VIII secolo, evidenzia come molte profezie bibliche siano annotazioni post eventum, riferibili ad un preciso contesto politico e religioso che gli autori conoscevano, perché testimoni o vissuti poche generazioni dopo gli eventi raccontati.

Il merito maggiore del libro scritto dal biblista è la chiarezza espositiva: di solito la filologia è disciplina noiosa, adatta ad eruditi che si incaponiscono per anni su una lectio difficilior, ma che non sono in grado di apprezzare la bellezza di un poema. Friedmann, però, nel suo agile testo, amplia la trattazione verso la cultura materiale, la politica, l'economia, le usanze… riuscendo a delineare un quadro credibile degli Ebrei (tra VIII e V sec. a.C.), lontano sia dall'agiografia sia dall'atteggiamento iconoclasta e sdegnoso, tipico di certi moderni nei confronti degli antichi. Tale equidistanza è apprezzabile: infatti, oggi giorno, da un lato assistiamo a chi si arrocca su posizioni dogmatiche, accusando chi mette in discussione alcune certezze fideistiche di essere un miscredente blasfemo; dall'altro, improvvisati "teologi" alla Odifreddi si avventurano nel campo della storia e delle religioni antiche, tutto distruggendo, senza aver inteso alcunché.

Un altro aspetto pregevole del saggio è la sua somiglianza con un’inchiesta: infatti, raccogliendo indizi di vario genere e con un procedimento induttivo, l’erudito riesce a stabilire con un buon grado di plausibilità gli autori di J, E, D, P. Ne emerge un dualismo, in parte riconducibile alla divisione tra Regno di Israele e Regno di Giuda, dopo la morte del re Salomone, ma anche al contrasto, benché dissimulato, tra corrente mosaica e corrente aronnita.

Ben venga questo spirito di onesta ricerca: chiarire che la Torah (testo composito, pur nella sua unità) fu scritta da uomini (per lo più appartenenti al clero o profeti) con intenti nobili, ma anche con fini pragmatici ed ideologici, non mina la fede in Dio. Lo stesso discorso vale per l'esegesi dei Vangeli: qualunque sia l'approdo delle discussioni, la dimensione spirituale non è neppure sfiorata. Certo, molti paradigmi interpretativi cambieranno, ma l'esistenza di Dio che, di per sé, non può essere né razionalmente dimostrata né negata, nulla c'entra con le indagini storiche e documentarie. Anzi rinunciare ad usare le proprie capacità intellettuali alla ricerca di possibili verità significa, a mio avviso, non usare, affinché fruttino, gli evangelici talenti.

Si tratta di confrontarsi con ipotesi che cozzano con pregiudizi diffusi: ad esempio, Friedmann vede nel Dio degli Ebrei una divinità originata dalla fusione tra Jahweh (YHWH) ed El/Elohim. Egli porta anche alla luce strati di credenze pagane poi inglobati nella fede monoteistica ebraica: si pensi al serpente di bronzo, ai culti sulle alture tra le tribù del Nord. Il biblista rintraccia anche il collegamento con la cultura egizia: i cherubini dell'Arca, nomi egizi come Mosè, Ofni e Fines etc. Non sono le fantasticherie di scrittori esperti in archeomisteri, ma acquisizioni documentate e che emergono da una disamina linguistica, stilistica e strutturale dei testi e dallo studio dei manufatti archeologici.

Intendiamo privare di qualsiasi valore le ricostruzioni storiche? Se non intendiamo applicare metodi rigorosi per investigare l'antichità, potremo poi rivendicare un approccio coraggioso e non allineato, quando si scava nella storia più o meno recente?

Bisogna, però, evitare di commettere anche un altro errore, ossia pensare che, una volta che la storiografia e le altre discipline scientifiche hanno messo a fuoco un soggetto, rimanga solo da accumulare conoscenze su conoscenze e dati su dati, per esaurirlo. Restano, infatti, certi temi preclusi ad un'indagine razionale, come è necessario valicare certi confini per intraprendere studi pionieristici, senza dimenticare che alcuni ambiti sono estranei alle analisi empiriche ed alle dissertazioni logiche.

I significati simbolici ed esoterici della Tradizione (anche quella biblica) si percepiscono - se si percepiscono - con altri sensi.



6 comments:

  1. http://nico-murdock.blogspot.com/2010/03/volete-vedere-scie-4000-piedi.html

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  2. la Torah è un corpus culturalmente omogeneo, ma risultato di stratificazioni, addizioni e sottrazioni.

    Zret hai scoperto l'acqua calda, e' da tempo che i biblisti sostengono questo. Come al solito arrivi in ritardo !!!!

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  3. Basandosi su studi filologici ed esegetici e su scoperte archeologiche, il saggista, ricapitolando ed aggiustando i risultati di investigazioni che datano dal XVII secolo, (...)

    professo', non dire minchiate e non attribuire il tuo mestiere quotidiano di manipolatore ad altri.

    Ah, e si scrive Friedman, con una n sola, fa' una ricerca con gùgol e vedrai che forse sei l'unico che ha sbagliato il suo cognome.

    ilpeyote manco a copiare è capace

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  4. I significati simbolici ed esoterici della Tradizione (anche quella biblica) si percepiscono - se si percepiscono - con altri sensi.

    Si, se ti percuoti ripetutamente le gonadi con essa di sicuro qualcosa percepisci.

    Cazzo, ha scoperto l'acqua e nemmeno calda, questo imbecille.

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  5. ..scusate... così non va... se qualcuno scrive un articolo citando punto per punto, voi dovete rispondere punto per punto... e non mettervi a ridere come degli idioti

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  6. Lo faremmo, sul suo blog.. ma lui censura..

    Questo è un parco divertimenti :-)

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