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Dante e la Croce del Sud (Articolo del Professor Francesco Lamendola)
Propongo un articolo del Professor Francesco Lamendola intitolato Come faceva Dante a conoscere la costellazione della Croce del Sud? In questo notevole contributo di Archeoastronomia, l'autore ci accompagna, con la chiarezza ed il rigore che gli sono propri, nella lettura di alcuni celebri versi della Commedia, per stimolare un'interpretazione "eretica", in grado di valorizzare i possibili risvolti di solito ignorati del "poema sacro". Ritengo che l'approccio di tipo archeoastronomico sia molto utile per tentare di scoprire alcuni aspetti misconosciuti di antiche civiltà e di misteriose tradizioni.Qualsiasi studente di Dante sa che, nella prima parte del primo canto del «Purgatorio», egli sembra descrivere la costellazione della Croce del Sud, nelle due famose terzine (versi 22-27):
«I' mi volsi a man destra e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!»
[peccato solo che la croce del sud sia costituita da 5 stelle e non 4:
http://it.wikipedia.org/wiki/Croce_del_Sud_(costellazione)]
Il problema è che le prime rappresentazioni cartografiche della costellazione chiamata Croce del Sud, alla quale Dante sembra qui riferirsi, sono quelle rispettivamente di Petrus Plancius del 1598 e di Jodocus Hondius del 1600: vale a dire, circa tre secoli dopo l'epoca nella quale venne composta la seconda cantica della «Divina Commedia»; e che quelle stelle sono interamente visibili, nel nostro emisfero, solamente a partire dal 27° parallelo di latitudine Nord, ossia dalle isole Canarie o, sul lato opposto dell'Africa, dall'estremità meridionale della Penisola del Sinai.
E allora?
Come faceva Dante ad essere a conoscenza di una costellazione invisibile dalle latitudini dell'Europa, Italia compresa? Fiumi d'inchiostro sono stati versati a questo proposito, nel tentativo di trovare una spiegazione ragionevole dell'enigma; né noi ci ripromettiamo, in questa sede, di rifarne la storia, neppure per sommi capi. Troppo vasta e impegnativa sarebbe una simile impresa, tale da richiedere un grosso lavoro di ricerca, solo per raccogliere la bibliografia attualmente esistente.
Del resto, la curiosità circa l'identificazione delle quattro stelle vedute da Dante sulla spiaggia del Purgatorio - dunque, in pieno emisfero antartico - non ha mai smosso eccessivamente i dantisti, paghi del significato simbolico di esse, ossia le quattro virtù cardinali: giustizia, fortezza, prudenza e temperanza. Così, ad esempio, Carlo Grabher (Milano, Principato, 1985):
“Che Dante potesse pensare alla Croce del Sud, di cui si aveva notizia in opere astronomiche medievali, o ad altro gruppo di stelle realmente esistenti nell'altro emisfero, non ha per noi alcuna importanza. Le quattro stelle, che Dante ha immaginato per incarnarvi il detto simbolo [ossia le quattro virtù cardinali], poeticamente lo trascendono e brillano della loro viva chiarità indipendentemente da qualsiasi identificazione scientifica; e il cielo "ne gode" sì per il loro valore allegorico, ma anche e più per il loro reale effetto”.
Il Sapegno, da parte sua, preferisce tenersi prudentemente alla larga da ogni tentativo di identificazione astronomica; mentre Giuseppe Giacalone (Milano, Signorelli, 1974), che pure si sofferma sul problema di come interpretare l'espressione «prima gente» del verso 24, lo risolve negando recisamente anche l'identificazione delle quattro stelle con la Croce del Sud:
“È un verso molto discusso [il 24], anche dai commentatori antichi, Pietro di Dante, Buti, Anonimo Fiorentino, i quali giustamente pensavano che si trattasse di Adamo ed Eva, i quali per primi abitarono nel Paradiso Terrestre in stato d'innocenza. Questa tesi oggi è la più seguita e la più logica. Ma già il Benvenuto, seguito da altri moderni, suppose che si trattasse degli antichi romani, i quali, secondo un passo del "De Civitate Dei", XV, praticarono le virtù cardinali, anche senza la vera religione. Ed il Lana intese, addirittura, gli uomini dell'età dell'oro. L'altra difficoltà è sul senso da dare alle quattro stelle, da alcuni identificate erroneamente con la Croce del Sud, del tutto ignota alla scienza del tempo di Dante (cfr. D'Ovidio, l. c. 21-26). Non bisogna fermasi soltanto al valore allegorico di queste stelle, ma considerare che esse sono vere stelle, che hanno una loro entità oggettiva, che contribuisce indubbiamente a quell'atmosfera di gioia diffusa in tutto quel paesaggio".
L'articolo continua qui.
Come se all'epoca di Dante, del quale quel cretino di lamendola non e' degno di baciar le pagine del libro, avessero avuto l'anello al naso.
ReplyDeleteQualcuno gli dica che Dante e Polo erano contemporanei e che i Veneziani (e pure qualche altra repubblica marinara di secondo piano :P) commerciava con il Medio e l'Estremo Oriente.
Saluti
Michele