http://zret.blogspot.com/2009/09/zarathustra-parlo-e-siddharta-tacque.html
Zarathustra parlò e Siddharta tacque
L'Avesta è il libro sacro della religione zoroastriana. Il fondamento di questo credo è il dualismo. Esistono due divinità opposte ed in conflitto tra loro nell'universo: la prima della Luce e del Bene, Ahura Mazda, la seconda delle Tenebre e del Male, Angra Manyu o Ahriman. Prima di loro, era un principio indeterminato, il Tempo illimitato.
L'oscuro profeta persiano, cui si attribuisce la nascita della religione mazdea, concepì il mondo come il teatro di una colossale guerra tra Bene e Male. Che il mondo sia dominato dal Principio della distruzione e del nulla contro cui l'uomo è chiamato a lottare, è un'idea lontanissima da concezioni orientali dove lo Yin e lo Yang sono energie cosmiche, complementari. Con Zarathustra l'etica assunse, rispetto ad altri campi, un aggetto notevole, persino eccessivo: ne risentirono alcune correnti dell'Ebraismo ed il Cristianesimo, fino alla radicalizzazione manichea, catara e dell'Islam, specialmente sciita. Pochi passi e la morale scade nel moralismo, proprio come "La bontà è una deformazione del Bene" (T. Adorno).
Di fronte alla constatazione che le legioni di Ahriman portano in ogni dove distruzione e rovina (fu forse Zarathustra ad alimentare un egregora?), al cospetto di un hic et nunc compromesso in modo irredimibile, il profeta poteva solo promettere un futuro ultraterreno di beatitudine per i probi. Per fortuna, il capolinea per lo ierofante iranico, è vicino.
Un'altra credenza zoroastriana che, attraverso qualche canale giudaico, penetrò nel cristianesimo è la fede nella resurrezione dei corpi: anche questo miracolo appartiene al futuro, sebbene i tempi incredibilmente brevi del cosmo mazdeo, non costringano ad un'attesa logorante.
Insomma, per questa ed altre religioni simili, la vita non è mai adesso. Il corso del tempo lineare, finito, tipico dello Zoroaastrismo, risucchia il presente, scaraventando l'uomo nella speranza di un futuro perfetto o nella più razionale nostalgia del non essere originario. Se il presente è l'attimo inafferrabile e sempre deludente, anche l'avvenire ed il passato sono gli abissi di proiezioni informi, di miraggi distorti. Sono ologrammi inconsistenti e grigi, ma, di volta in volta, avvivati dall'avvento di uno Saoshyant, il Salvatore.
Resta la diuturna ed epica battaglia contro il Male, combattuta sulla base di un fondamento senza fondamento (l'etica si disintegra, non appena se ne definiscono caratteri e scopi, sicché l'unico suo habitat è il silenzio), con la prospettiva della vittoria finale. Un'escatologia credibile (prima o dopo l'errore sarà corretto), ma consolatoria e forse un po' limitata: l'eroismo appartiene a chi, come Siddharta, indica, con solenne disincanto, corpo e mente, apparenza e sostanza, terra e cielo come Nulla.
L'oscuro profeta persiano, cui si attribuisce la nascita della religione mazdea, concepì il mondo come il teatro di una colossale guerra tra Bene e Male. Che il mondo sia dominato dal Principio della distruzione e del nulla contro cui l'uomo è chiamato a lottare, è un'idea lontanissima da concezioni orientali dove lo Yin e lo Yang sono energie cosmiche, complementari. Con Zarathustra l'etica assunse, rispetto ad altri campi, un aggetto notevole, persino eccessivo: ne risentirono alcune correnti dell'Ebraismo ed il Cristianesimo, fino alla radicalizzazione manichea, catara e dell'Islam, specialmente sciita. Pochi passi e la morale scade nel moralismo, proprio come "La bontà è una deformazione del Bene" (T. Adorno).
Di fronte alla constatazione che le legioni di Ahriman portano in ogni dove distruzione e rovina (fu forse Zarathustra ad alimentare un egregora?), al cospetto di un hic et nunc compromesso in modo irredimibile, il profeta poteva solo promettere un futuro ultraterreno di beatitudine per i probi. Per fortuna, il capolinea per lo ierofante iranico, è vicino.
Un'altra credenza zoroastriana che, attraverso qualche canale giudaico, penetrò nel cristianesimo è la fede nella resurrezione dei corpi: anche questo miracolo appartiene al futuro, sebbene i tempi incredibilmente brevi del cosmo mazdeo, non costringano ad un'attesa logorante.
Insomma, per questa ed altre religioni simili, la vita non è mai adesso. Il corso del tempo lineare, finito, tipico dello Zoroaastrismo, risucchia il presente, scaraventando l'uomo nella speranza di un futuro perfetto o nella più razionale nostalgia del non essere originario. Se il presente è l'attimo inafferrabile e sempre deludente, anche l'avvenire ed il passato sono gli abissi di proiezioni informi, di miraggi distorti. Sono ologrammi inconsistenti e grigi, ma, di volta in volta, avvivati dall'avvento di uno Saoshyant, il Salvatore.
Resta la diuturna ed epica battaglia contro il Male, combattuta sulla base di un fondamento senza fondamento (l'etica si disintegra, non appena se ne definiscono caratteri e scopi, sicché l'unico suo habitat è il silenzio), con la prospettiva della vittoria finale. Un'escatologia credibile (prima o dopo l'errore sarà corretto), ma consolatoria e forse un po' limitata: l'eroismo appartiene a chi, come Siddharta, indica, con solenne disincanto, corpo e mente, apparenza e sostanza, terra e cielo come Nulla.
Incommentabile!
ReplyDeleteSiddharta tacque... Zret, purtroppo, no!
ReplyDeleteCosi' parlo' zrethustra
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