http://scienzamarcia.blogspot.com/2010/02/haiti-aiuti-umanitari-deturpano-i-corpi.html
Haiti: "aiuti umanitari" deturpano i corpi dei sopravvissuti con migliaiai di aputazioni inutili
Sull'edizione on line del famoso quotidiano francese Le Monde è comparso (il 29 gennaio 2010) un articolo sulla scandalosa storia delle migliaia di amputazioni inutili e insensate praticate dai presidi medici statunitensi ad Haiti: A Port-au-Prince, le ravage des amputations - A Port-au-Prince, des amputations par milliers... (A Port-au-Prince il disastro delle amputazioni - A Port-au-Prince migliaia di amputazioni).
Questa storia getta fosche ombre sui cosiddetti "aiuti umanitari" statunitensi, e sembra corroborare l'ipotesi che il terremoto sia stato artificialmente creato; perché altrimenti spedire ad Haiti équipe mediche che praticano questa assurda macelleria lasciando migliaia di invalidi? Forse perchè c'è una volontà deliberata di attuare una politica di depopolazione a livello globale grazie anche all'utilizzo vaccini tossici e abortivi?
L'effetto di questa "chirurgia d'assalto" è del tutto simile a quello delle mine antiuomo, che distruggono l'economia di un paese, dal momento che un morto lo si piange ma un invalido lo si deve assistere e sostenere tutta una vita.
Se gli Stati Uniti volessero davvero aiutare gli sfortunati Haitiani perché dovrebbero esportare questi orrori della medicina? A questo punto viene ancor più forte il sospetto che il terremoto sia stato artificalmente creato dagli USA così come la gestione degli "aiuti", al solo scopo di creare danno e devastazione, gettare sul lastrico l'economia di un paese, occuparlo militarmente e renderlo succube della propria egemonia. Del resto è molto strano che le guarnigioni militari statunitensi fossero già lì proprio in quei giorni per una esercitazione che simulava un intervento di aiuto ad Haiti in caso di disastro naturale.
Di seguito la traduzione di alcuni passaggi chiave dell'articolo di Annick Cojean.
Questa storia getta fosche ombre sui cosiddetti "aiuti umanitari" statunitensi, e sembra corroborare l'ipotesi che il terremoto sia stato artificialmente creato; perché altrimenti spedire ad Haiti équipe mediche che praticano questa assurda macelleria lasciando migliaia di invalidi? Forse perchè c'è una volontà deliberata di attuare una politica di depopolazione a livello globale grazie anche all'utilizzo vaccini tossici e abortivi?
L'effetto di questa "chirurgia d'assalto" è del tutto simile a quello delle mine antiuomo, che distruggono l'economia di un paese, dal momento che un morto lo si piange ma un invalido lo si deve assistere e sostenere tutta una vita.
Se gli Stati Uniti volessero davvero aiutare gli sfortunati Haitiani perché dovrebbero esportare questi orrori della medicina? A questo punto viene ancor più forte il sospetto che il terremoto sia stato artificalmente creato dagli USA così come la gestione degli "aiuti", al solo scopo di creare danno e devastazione, gettare sul lastrico l'economia di un paese, occuparlo militarmente e renderlo succube della propria egemonia. Del resto è molto strano che le guarnigioni militari statunitensi fossero già lì proprio in quei giorni per una esercitazione che simulava un intervento di aiuto ad Haiti in caso di disastro naturale.
Di seguito la traduzione di alcuni passaggi chiave dell'articolo di Annick Cojean.
A Port-au-Prince il disastro delle amputazioni
A Port-au-Prince migliaia di amputazioni
di Annick Cojean, 29-01-1010
Non si era mai vista una cosa simile. Amputazioni a migliaia. Come in una catena di montaggio. Braccia, mani, dita, gambe. Senza radiografia preliminare. A volte senza anestetico né antidolorifico. La maggior parte delle volte a cielo aperto. O sotto la sola luce di una lampada frontale. bisognava andare in fretta; migliaia di feriti attendevano, ed ogni minuto era prezioso. Era importante essere efficaci; si temeva la cancrena; si sapeva che occorreva liberare i posti al più presto; ci si diceva che non ci sarebbero state visite di controllo post-operatorie.
Allora, nel caos, nell'improvvisazione vertiginosa dei primi giorni, senza troppo tempo libero per pensare, si è giudicato che per salvare una vita valesse la pena sacrificare un arto.
E quindi si è amputato. Qualcuno,oggi, pensa che si è andati troppo in fretta. E che si è "tagliato" troppo. Non lo si proclama (...)
Ma quando si discute con dei medici, degli infermieri, degli inservienti, la questione viene affrontata spontaneamente con amarezza, per non dire con collera.
"GLI AMERICANI, FIERI DI QUESTO MACELLO"
"Un'équipe di medici texani, già ripartita, a causato dei disastri e praticato una medicina di guerra", osa [affermare] un medico dei pomieri di Parigi, interrogato fra una cura e l'altra nell'ospedale del Sacro Cuore, ancora ingombro di letti e di fleboclisi.
Non vuole che si citi il suo nome – "non bisogna scatenare un nuovo conflitto franco-americano!" – ma lancia la discussione. "L'amputazione è un gesto di salvataggio e di estremo intervento, quando un arto è frantumato o quando cìè minaccia di settivemia. Ma gli americani l'hanno reso pressoché sistematico, senza perdere tempo ad immaginare un'altra soluzione, fieri di questo macello che ha permesso loro di ostentare cifre impressionanti di pazienti."
Il dottor François-Xavier Verdot, chirurgo ortopedico al CHU di Saint-Etienne che sta lavorando sotto la bandiera dei pompieri umanitari francesi, non indica dei colpevoli. Ma non fa una diagnosi molto differente. "Ho visto delle fratture semplici alle braccia, trattate con l'amputazione, mentre le si poteva riparare. Ho visto il risultato delle "ghigliottine per l'amputazione" – è l'espressione anglosassone – e quegli arti tagliati come da un trancia-sigari. Il rischio infettivo è enorme allora, perchè l'osso è allo scoperto, e non si è prevista una chirurgia secondaria per modellare un moncone sul quale potrebbe essere fissata una protesi."
Molti feriti ritornano allora, con una piaga necrotizzata che necessita una seconda amputazione. "BIsogna allora tagliare più a monte, più in alto. E' desolante."
Sophie Grosclaude, una giovane chirurga ortopedica francese, impegnata nella Chaîne de l'Espoir, (catena della speranza) opera alla clinica Lambert, à Pétionville, nella periferia di Port-au-Prince. Neanche trattiene le sue parole. Ritorna "sbigottita" da una discussione con un chirurgo americano incontrato all'ospedale israeliano, che disfava i bagagli. "Gli ho raccontato che per riparare le fratture io facevo esattamente come in Francia, poggiando dei chiodi e dei fissatori esterni dei quali ormai si dispone in gran numero." E allora? "Lui trovava folle tutto ciò! Mi diceva: “A che serve? Questo paese è troppo povero. Non ci sarà un controllo medico serio per seguire i vostri pazienti. E' talmente più semplice amputarli. E' proprio definitivo…”"
La chirurga è sconvolta. "Mi parlava di una sotto-popolazione! Di un popolo troppo poco evoluto per meritare la medicina degli Occidentali. Ma alla fine, non si taglia così una gamba! Se non si è obbligati a tagliarla, bisogna battersi per conservarla. Non siamo in guerra! Possiamo rivedere e seguire i nostri pazienti!"
Si può soprattutto prendere un po' di tempo per decidere, molto più che nelle prime ore. Ci si può permettere un lavoro più oneroso (un trapianto di tessuti, per esempio) ed un buon controllo successivo che poche strutture possono fare. "Vale la pena, quanto meno, per un bambino o un giovane adulto, rifare le medicazioni tutti i gironi per salvargli un arto e dargli un avvenire sociale", dice con convinzione Denis Larger, medico d'urgenza presso i pomieri marini di Marsiglia.
Certe amputazioni salvano sicuramente una vita, come quella che lui stesso ha praticato il giorno stesso in cui è arrivato per disincastrare una giovane donna il cui braccio era stato schiacciato sotto una tonnellata di cemento. (...)
Altre amputazioni non s'impongono. E martedì sera, per esempio, rifiutando il suiggerimento dei loro colleghi americani di amputare il braccio di una donna la cui frattura si era infettata, i pompieri francesi l'hanno fatta trasportare in elicottero sulla Siroco, la nave francese ancorata al largo di Port-au-Prince, dove la donna è stata curata.
"SERVE UN CONTROLLO MEDICO SUCCESSIVO, TANTO MEDICO QUANTO PSICOLOGICO"
Presidente di Douleurs sans frontières (,Dolori senza frontiere DSF), il dottor Alain Serrie, che ha dunque conosciuto altri teatri di catastrofe, è sconvolto dall'incredibile povertà degli ospedali haitiani e dalla prospettiva di una generazione di infermi e di mutilati. Sì, ha detto, ci sono stati un sacco di amputati in maniera sbrigativa, rimessi alla porta dell'ospedale due ore dopo l'intervento.
"Dove sono oggi? Bisogna fare una lista! Molti rischiano la necrosi, la setticemia, e devono essere ri-amputati. Bisogna ritrovarli. Fare loro un controllo sia medico che psicologico. Essi sono destinati ad affrontare le sensazioni ben note dell' “arto fantasma”. Molti proveranno dei dolori intollerabili che possono rendere impossibile l'installazione di una protesi …"
DSF e Handicap International pensano ad un programma di appelli alla radio per chiedere a questa gente di presentarsi negli ospedali più vicini dove essi operano. Essi pensano pure alla creazione di centri nei quali ci si possa prendere carico di queste sofferenze così particolari.
Medici ed infermieri hanno tutti in testa delle immagini di pazienti. Il dottor Grosclaude si ricorda quel piccolo ragazzo che diceva: "Non ce la facevo a cavarmela già prima quando avevo tutte e due le mie braccia. E adesso con uno solo …" Il dottore haitiano Johnny Miller pensa a quella ragazzina sconvolta al pensiero che dopo avere perduto la mano sinistra, doveva farsi recidere ancora tre dita: "Come farò il bucato?" (...)
A Port-au-Prince migliaia di amputazioni
di Annick Cojean, 29-01-1010
Non si era mai vista una cosa simile. Amputazioni a migliaia. Come in una catena di montaggio. Braccia, mani, dita, gambe. Senza radiografia preliminare. A volte senza anestetico né antidolorifico. La maggior parte delle volte a cielo aperto. O sotto la sola luce di una lampada frontale. bisognava andare in fretta; migliaia di feriti attendevano, ed ogni minuto era prezioso. Era importante essere efficaci; si temeva la cancrena; si sapeva che occorreva liberare i posti al più presto; ci si diceva che non ci sarebbero state visite di controllo post-operatorie.
Allora, nel caos, nell'improvvisazione vertiginosa dei primi giorni, senza troppo tempo libero per pensare, si è giudicato che per salvare una vita valesse la pena sacrificare un arto.
E quindi si è amputato. Qualcuno,oggi, pensa che si è andati troppo in fretta. E che si è "tagliato" troppo. Non lo si proclama (...)
Ma quando si discute con dei medici, degli infermieri, degli inservienti, la questione viene affrontata spontaneamente con amarezza, per non dire con collera.
"GLI AMERICANI, FIERI DI QUESTO MACELLO"
"Un'équipe di medici texani, già ripartita, a causato dei disastri e praticato una medicina di guerra", osa [affermare] un medico dei pomieri di Parigi, interrogato fra una cura e l'altra nell'ospedale del Sacro Cuore, ancora ingombro di letti e di fleboclisi.
Non vuole che si citi il suo nome – "non bisogna scatenare un nuovo conflitto franco-americano!" – ma lancia la discussione. "L'amputazione è un gesto di salvataggio e di estremo intervento, quando un arto è frantumato o quando cìè minaccia di settivemia. Ma gli americani l'hanno reso pressoché sistematico, senza perdere tempo ad immaginare un'altra soluzione, fieri di questo macello che ha permesso loro di ostentare cifre impressionanti di pazienti."
Il dottor François-Xavier Verdot, chirurgo ortopedico al CHU di Saint-Etienne che sta lavorando sotto la bandiera dei pompieri umanitari francesi, non indica dei colpevoli. Ma non fa una diagnosi molto differente. "Ho visto delle fratture semplici alle braccia, trattate con l'amputazione, mentre le si poteva riparare. Ho visto il risultato delle "ghigliottine per l'amputazione" – è l'espressione anglosassone – e quegli arti tagliati come da un trancia-sigari. Il rischio infettivo è enorme allora, perchè l'osso è allo scoperto, e non si è prevista una chirurgia secondaria per modellare un moncone sul quale potrebbe essere fissata una protesi."
Molti feriti ritornano allora, con una piaga necrotizzata che necessita una seconda amputazione. "BIsogna allora tagliare più a monte, più in alto. E' desolante."
Sophie Grosclaude, una giovane chirurga ortopedica francese, impegnata nella Chaîne de l'Espoir, (catena della speranza) opera alla clinica Lambert, à Pétionville, nella periferia di Port-au-Prince. Neanche trattiene le sue parole. Ritorna "sbigottita" da una discussione con un chirurgo americano incontrato all'ospedale israeliano, che disfava i bagagli. "Gli ho raccontato che per riparare le fratture io facevo esattamente come in Francia, poggiando dei chiodi e dei fissatori esterni dei quali ormai si dispone in gran numero." E allora? "Lui trovava folle tutto ciò! Mi diceva: “A che serve? Questo paese è troppo povero. Non ci sarà un controllo medico serio per seguire i vostri pazienti. E' talmente più semplice amputarli. E' proprio definitivo…”"
La chirurga è sconvolta. "Mi parlava di una sotto-popolazione! Di un popolo troppo poco evoluto per meritare la medicina degli Occidentali. Ma alla fine, non si taglia così una gamba! Se non si è obbligati a tagliarla, bisogna battersi per conservarla. Non siamo in guerra! Possiamo rivedere e seguire i nostri pazienti!"
Si può soprattutto prendere un po' di tempo per decidere, molto più che nelle prime ore. Ci si può permettere un lavoro più oneroso (un trapianto di tessuti, per esempio) ed un buon controllo successivo che poche strutture possono fare. "Vale la pena, quanto meno, per un bambino o un giovane adulto, rifare le medicazioni tutti i gironi per salvargli un arto e dargli un avvenire sociale", dice con convinzione Denis Larger, medico d'urgenza presso i pomieri marini di Marsiglia.
Certe amputazioni salvano sicuramente una vita, come quella che lui stesso ha praticato il giorno stesso in cui è arrivato per disincastrare una giovane donna il cui braccio era stato schiacciato sotto una tonnellata di cemento. (...)
Altre amputazioni non s'impongono. E martedì sera, per esempio, rifiutando il suiggerimento dei loro colleghi americani di amputare il braccio di una donna la cui frattura si era infettata, i pompieri francesi l'hanno fatta trasportare in elicottero sulla Siroco, la nave francese ancorata al largo di Port-au-Prince, dove la donna è stata curata.
"SERVE UN CONTROLLO MEDICO SUCCESSIVO, TANTO MEDICO QUANTO PSICOLOGICO"
Presidente di Douleurs sans frontières (,Dolori senza frontiere DSF), il dottor Alain Serrie, che ha dunque conosciuto altri teatri di catastrofe, è sconvolto dall'incredibile povertà degli ospedali haitiani e dalla prospettiva di una generazione di infermi e di mutilati. Sì, ha detto, ci sono stati un sacco di amputati in maniera sbrigativa, rimessi alla porta dell'ospedale due ore dopo l'intervento.
"Dove sono oggi? Bisogna fare una lista! Molti rischiano la necrosi, la setticemia, e devono essere ri-amputati. Bisogna ritrovarli. Fare loro un controllo sia medico che psicologico. Essi sono destinati ad affrontare le sensazioni ben note dell' “arto fantasma”. Molti proveranno dei dolori intollerabili che possono rendere impossibile l'installazione di una protesi …"
DSF e Handicap International pensano ad un programma di appelli alla radio per chiedere a questa gente di presentarsi negli ospedali più vicini dove essi operano. Essi pensano pure alla creazione di centri nei quali ci si possa prendere carico di queste sofferenze così particolari.
Medici ed infermieri hanno tutti in testa delle immagini di pazienti. Il dottor Grosclaude si ricorda quel piccolo ragazzo che diceva: "Non ce la facevo a cavarmela già prima quando avevo tutte e due le mie braccia. E adesso con uno solo …" Il dottore haitiano Johnny Miller pensa a quella ragazzina sconvolta al pensiero che dopo avere perduto la mano sinistra, doveva farsi recidere ancora tre dita: "Come farò il bucato?" (...)
Cialtrone e sciacallo sono troppo poco per lui.
ReplyDeleteE' un laido individuo, che per portare avanti la propria pazzia non ci pensa due volte a vomitare merda, la stessa che mangia ogni giorno, sugli sforzi di persone che, invece di stare seduti vigliaccamente dietro ad un monitor )peccato che abbia anche una tastiera quel coglione) prendono la propria vita, la mettono in una sacca da viaggio e partono per aiutare gli altri.
Sei una merda, corrado.
Anzi, una merda è utile al mondo, tu nemmeno quello.
Fottiti.
Però prima fatti schiacciare un braccio per un'ora o due da un paio di quintali di macerie e poi, invece di andare a piangere in ospedale, portatelo in giro maciullato fin quando comincia a puzzare di morte e a diventare nero.
@Straniero: quoto in pieno il tuo commento su corrado.
ReplyDeleteE un mare di complimenti a quelle migliaia di persone (vere, non merde come corrado!) che si fanno un culo tanto per salvare il salvabile!
Come non quotare.
ReplyDeleteAh, un consiglio per il cialtrone corrado.
Leggi qui qualcosa che anche tu puoi comprendere:
http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_da_schiacciamento
Idiota.
Saluti
Michele
Ma porco demonio, in una scala da 0 a 10 corrado pinna di squalene è vigliacco sciacallo a 100.
ReplyDeleteilpeyote son stato anche troppo gentile ed educato con 'sto cialtrone
E martedì sera, per esempio, rifiutando il suiggerimento dei loro colleghi americani di amputare il braccio di una donna la cui frattura si era infettata, i pompieri francesi l'hanno fatta trasportare in elicottero sulla Siroco, la nave francese ancorata al largo di Port-au-Prince, dove la donna è stata curata.
ReplyDeleteCon quali risultati? Non ci è dato di sapere. Sarà sopravvissuta oppure no? Ma intanto la carogna instilla il dubbio in chi capisce poco o nulla di medicina.
Corrado cialtrone sciacallo, se proprio proprio vuoi dire la tua prendi un bell'aereo e vola a Port au Prince, rimboccati le maniche e comincia a lavorare.
Ma no, sputar sentenze davanti a un computer senza capire di ciò che si scrive è più facile...
Questo articolo l'ho scovato io! Disgustosi vero questi macellai militari?
ReplyDeleteGiuditta ignorante e falsa, sei tu disgustosa che fai sciacallaggio sulle disgrazie di quei poveracci. Prima di parlare studia un pelo la medicina, e ringrazia il fatto che invece i medici militari americani sono i migliori al mondo. Che poi l'esercito non aiuti nel dopo gli amputati tra le loro truppe (es. psicologi, o protesi adeguate) è un altro discorso. Ma non ti permettere di scrivere o solo pensare che quelle amputazioni non andavano fatte. Mengele è da un pò che sta sotto terra.
ReplyDeleteQuesto articolo l'ho scovato io! Disgustosi vero questi macellai militari?
ReplyDeletecorrado/giuditta, questo tuo intervento idiota è, se possibile, ancora peggio delle schifezze che hai scritto nell'articolo e la dice lunga su che persona di infimo livello tu sia.
AndreaS
Cretina e' dirti poco.
ReplyDeleteIgnorante e' ancora meno.
Prova a seguire un corso di medicina delle catastrofi o di medicina d'urgenza e poi torna.
Sempre che non crepi affogata nel tuo vomito a vedere, anche solo in foto, cosa resta diun essere umano dopo che lo tiri fuori da sotto un crollo.
Saluti
Michele