http://zret.blogspot.com/2010/02/paolo-e-gli-arconti.html
Paolo e gli Arconti
Possiamo considerare Paolo di Tarso un personaggio realmente esistito? In assenza di reperti archeologici (come epigrafi o busti) o testimonianze di autori extra-cristiani che si riferiscano direttamente alla vita ed all'operato di Paolo, la sua esistenza storica è meramente ipotetica. Sul cosiddetto apostolo dei Gentili, sono pullulate le congetture più disparate: tralasciando quegli studiosi che lo considerano una costruzione ideologica, ricorderemo che qualcuno lo ha identificato con Apollonio di Tiana (in effetti, la regione di provenienza ed i viaggi del Cristo pagano ricordano da vicino il milieu culturale e gli itinerari di Paolo; negli Atti è citato anche Damis, un personaggio che porta lo stesso nome del discepolo di Apollonio), altri con un falso discepolo di Gesù (Pincherle), altri con l'Uomo di menzogna (Eisenman), altri con un provocatore alle dipendenze dei Romani, altri con il vero fondatore del Cristianesimo (Calimani et al.) etc. Quasi tutti i biblisti cristiani vedono in lui l'interprete fedele del Vangelo predicato da Cristo.
Secondo la tradizione, nel 38 d.C. circa, sulla via verso Damasco, visse un'esperienza straordinaria (Atti 9, 4) che intese come apparizione del Cristo risorto. Questa esperienza lo condusse ad avvicinarsi alla comunità impropriamente definita giudeo-cristiana, ma subito occorre chiarire che la conversione sulla strada di Damasco è un non-senso, se si pensa alla città della Siria: infatti Damasco è il nome esoterico della comunità qumranita. Ciò dà la misura di un contatto con il magistero degli Esseni (o chi per loro), stranamente assenti nei Vangeli canonici.
Dopo essersi persuasi che Paolo o non esistette o non fu il personaggio dipinto in modo agiografico negli Atti, il rischio è quello di ignorare il corpus delle lettere a lui attribuite (di alcune è esclusa la sua paternità, anche per opera di biblisti cattolici, ortodossi ed evangelici), disdegnando le epistole come anticaglie catechistiche. A mio parere, le lettere attribuite al Tarsiota sono un mélange al cui nucleo originario sapienziale, si agglutinarono poi dottrine eterogenee di ascendenza ebraica ed ellenistica, con spiccati tratti soteriologici. Lo stesso bigottissimo Ernesto Buonaiuti ammette che Paolo deve essere considerato il primo gnostico, salvo poi erigere un muro invalicabile tra Paolo e le multiformi correnti gnostiche, diffamate in modo indiscriminato.
Indubbiamente l'autore che scrisse: "Nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscere la nostra Sapienza: se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (I Corinzi 2: 8) nonché: "La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria". (Efesini 6. 12 ) fu uomo che concepì una battaglia cosmica e metafisica tra la Luce e le Tenebre.
Inoltre, benché Paolo sia estraneo alle concezioni filosofiche imperniate sulla contrapposizione di anima e corpo, quando menziona il "corpo glorioso" sembra evocare un soma purificato dalle scorie terrene ed arcontiche. Non coincide forse con l' anima, ma le somiglia non poco. D'altronde la resurrezione della carne non può essere intesa in modo letterale e grossolano, ma come il dono di un corpo incorruttibile e "sottile". Il Nostro non considera la condizione dell'uomo dopo la morte, come in generale era trascurata nell'Ebraismo, ma vive in un'attesa apocalittica comune ad altre comunità del I sec. d.C: si pensi agli Ebioniti.
La dottrina della resurrezione è abbinata al rapimento nella Prima lettera ai Tessalonicesi 4, 15-7, dove si legge: "Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti sino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati: il Signore stesso, con grido, voce di Arcangelo e tromba di Dio, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo, poi i viventi, i rimasti verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, ad incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore".
In questo passo, la risurrezione dei morti (credenza probabilmente di origine persiana poi permeata in alcune sette ebraiche, quindi mutuata da Cristianesimo ed Islam) è evocata, ma non è definita in termini coincidenti con una rigenerazione del soma.
Quello che più interessa, nell'ambito di queste frammentarie note, è cercare di comprendere in che cosa consista la salvezza per gli uomini. Paolo la affida a Cristo, impegnato in una missione salvifica: "Con Cristo, Dio Padre ha dato la vita anche a voi, perdonando tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni erano sfavorevoli. Cristo ha eliminato il debito, inchiodandolo alla croce, avendo privato della loro forza gli Arconti." (Lettera ai Colossesi). Qui è palese che l'autore non pensa al Gesù storico, ma ad un Essere la cui azione è metastorica. La stessa croce è il legno di un supplizio reale o piuttosto il sacrificio della discesa nel mondo e nella storia per redimerli?
Immaginoso, potente e talora oscuro l'estensore delle "Lettere" non costruisce una teologia ed una soteriologia unitarie, a causa del carattere eteroclito delle fonti cui attinse, ma soprattutto poiché il corpus delle epistole, stratificato e complesso, è una commistione feconda, ma non scevra di contraddizioni, una polifonia in cui talora qualche voce stona. Uno dei temi ricorrenti è l'avversione per la Legge: in questo rifiuto si potrebbe individuare il dissapore con la cosiddetta Chiesa di Gerusalemme, guidata, secondo alcune tradizioni, da Giacomo, il fratello del Signore, ma forse pure un malcelato desiderio di recidere i legami tra la nascente chiesa paolina ed il Giudaismo: un atteggiamento assimilabile a quello delle confraternite gnostico-cristiane ostili alle tradizioni ebraiche.
Gnostica (lato sensu) è comunque una certa diffidenza nei confronti del mondo e un pur non estremo dualismo (Angeli contro Arconti tirannici, sottoposti tutti alla potestà di Cristo) che, se da un punto di vista etico, è condivisibile, forse concorre a nutrire le stesse forze oscure, con l'ostinazione a combatterle. Se, infatti, almeno in una certa misura, tali entità malefiche sono egregore negative, non è poi così lontano dal vero Antonio Bonifacio, quando osserva: "Più Paolo si impegnava in questa contrapposizione (contro gli Arconti n.d.r.), più ne alimentava le risorse, in quanto tutte le compagini demoniache che egli menzionava, traevano la propria stessa forza dalla volontà di Paolo di distruggerle, lottando contro di loro".
Secondo la tradizione, nel 38 d.C. circa, sulla via verso Damasco, visse un'esperienza straordinaria (Atti 9, 4) che intese come apparizione del Cristo risorto. Questa esperienza lo condusse ad avvicinarsi alla comunità impropriamente definita giudeo-cristiana, ma subito occorre chiarire che la conversione sulla strada di Damasco è un non-senso, se si pensa alla città della Siria: infatti Damasco è il nome esoterico della comunità qumranita. Ciò dà la misura di un contatto con il magistero degli Esseni (o chi per loro), stranamente assenti nei Vangeli canonici.
Dopo essersi persuasi che Paolo o non esistette o non fu il personaggio dipinto in modo agiografico negli Atti, il rischio è quello di ignorare il corpus delle lettere a lui attribuite (di alcune è esclusa la sua paternità, anche per opera di biblisti cattolici, ortodossi ed evangelici), disdegnando le epistole come anticaglie catechistiche. A mio parere, le lettere attribuite al Tarsiota sono un mélange al cui nucleo originario sapienziale, si agglutinarono poi dottrine eterogenee di ascendenza ebraica ed ellenistica, con spiccati tratti soteriologici. Lo stesso bigottissimo Ernesto Buonaiuti ammette che Paolo deve essere considerato il primo gnostico, salvo poi erigere un muro invalicabile tra Paolo e le multiformi correnti gnostiche, diffamate in modo indiscriminato.
Indubbiamente l'autore che scrisse: "Nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscere la nostra Sapienza: se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (I Corinzi 2: 8) nonché: "La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria". (Efesini 6. 12 ) fu uomo che concepì una battaglia cosmica e metafisica tra la Luce e le Tenebre.
Inoltre, benché Paolo sia estraneo alle concezioni filosofiche imperniate sulla contrapposizione di anima e corpo, quando menziona il "corpo glorioso" sembra evocare un soma purificato dalle scorie terrene ed arcontiche. Non coincide forse con l' anima, ma le somiglia non poco. D'altronde la resurrezione della carne non può essere intesa in modo letterale e grossolano, ma come il dono di un corpo incorruttibile e "sottile". Il Nostro non considera la condizione dell'uomo dopo la morte, come in generale era trascurata nell'Ebraismo, ma vive in un'attesa apocalittica comune ad altre comunità del I sec. d.C: si pensi agli Ebioniti.
La dottrina della resurrezione è abbinata al rapimento nella Prima lettera ai Tessalonicesi 4, 15-7, dove si legge: "Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti sino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati: il Signore stesso, con grido, voce di Arcangelo e tromba di Dio, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo, poi i viventi, i rimasti verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, ad incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore".
In questo passo, la risurrezione dei morti (credenza probabilmente di origine persiana poi permeata in alcune sette ebraiche, quindi mutuata da Cristianesimo ed Islam) è evocata, ma non è definita in termini coincidenti con una rigenerazione del soma.
Quello che più interessa, nell'ambito di queste frammentarie note, è cercare di comprendere in che cosa consista la salvezza per gli uomini. Paolo la affida a Cristo, impegnato in una missione salvifica: "Con Cristo, Dio Padre ha dato la vita anche a voi, perdonando tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni erano sfavorevoli. Cristo ha eliminato il debito, inchiodandolo alla croce, avendo privato della loro forza gli Arconti." (Lettera ai Colossesi). Qui è palese che l'autore non pensa al Gesù storico, ma ad un Essere la cui azione è metastorica. La stessa croce è il legno di un supplizio reale o piuttosto il sacrificio della discesa nel mondo e nella storia per redimerli?
Immaginoso, potente e talora oscuro l'estensore delle "Lettere" non costruisce una teologia ed una soteriologia unitarie, a causa del carattere eteroclito delle fonti cui attinse, ma soprattutto poiché il corpus delle epistole, stratificato e complesso, è una commistione feconda, ma non scevra di contraddizioni, una polifonia in cui talora qualche voce stona. Uno dei temi ricorrenti è l'avversione per la Legge: in questo rifiuto si potrebbe individuare il dissapore con la cosiddetta Chiesa di Gerusalemme, guidata, secondo alcune tradizioni, da Giacomo, il fratello del Signore, ma forse pure un malcelato desiderio di recidere i legami tra la nascente chiesa paolina ed il Giudaismo: un atteggiamento assimilabile a quello delle confraternite gnostico-cristiane ostili alle tradizioni ebraiche.
Gnostica (lato sensu) è comunque una certa diffidenza nei confronti del mondo e un pur non estremo dualismo (Angeli contro Arconti tirannici, sottoposti tutti alla potestà di Cristo) che, se da un punto di vista etico, è condivisibile, forse concorre a nutrire le stesse forze oscure, con l'ostinazione a combatterle. Se, infatti, almeno in una certa misura, tali entità malefiche sono egregore negative, non è poi così lontano dal vero Antonio Bonifacio, quando osserva: "Più Paolo si impegnava in questa contrapposizione (contro gli Arconti n.d.r.), più ne alimentava le risorse, in quanto tutte le compagini demoniache che egli menzionava, traevano la propria stessa forza dalla volontà di Paolo di distruggerle, lottando contro di loro".
Zret si ostina a parlare di cose di cui non ne capisce una minkia !!!
ReplyDeleteA quando la meccanica quantistica ?
a quella ci ha gia pensato la Randazza
ReplyDeleteEh? O_o
ReplyDeleteSecondo me continua a tentare la supercazzola, prima o poi qualcuno la beve
ReplyDelete@Ironman One
ReplyDelete"Secondo me continua a tentare la supercazzola..."
Secondo me, invece, continua a tentare di far credere di essere un intellettuale...
Zret spari questa cazzate perché i tuoi allievi non ti prendono abbastanza per il culo?
ReplyDeleteE poi ti lamenti perché nessuno ti caga?
Ma chi vuoi che dia retta ad un immenso idiota come te?
http://simoneangioni.blogspot.com/2010/02/analisi-delle-scie-di-condensazione.html
ReplyDelete