IBM e Nuovo Ordine Mondiale
Ibm illustra la prospettiva Iot
Smart dust, ovvero un sistema nervoso fatto di sensori e di chip Rfid che, attraverso una griglia immaginaria, riescono in modalità wireless a interconnettere una pluralità di sistemi: sistemi naturali, sistemi umani, oggetti fisici.
Di Iot, ovvero di una Internet delle cose, si parla da diversi anni. Nel video Mike Wing, Andy Stanford-Clark and John Tolva, ricercatori Ibm, hanno tematizzato l'argomento, dimostrando i motivi di un'evoluzione tecnologica che contribuirà a generare un'intelligenza del nostro pianeta, sempre più interconnesso e capace di produrre un quantitativo di dati che ci consentiranno di interpretare gli ambienti in cui viviamo e di relazionarci in uno spazio organizzato per migliorare la nostra qualità della vita.
Insomma la Internet delle cose, ci permetterà di generare nuove intuizioni, nuove attività, nuove forme di relazioni sociali ma anche di ascoltare il nostro pianeta che cambia insieme a noi.
fonte: http://rfid.thebizloft.com/content/ibm-illustra-la-prospettiva-iot
fonte: http://rfid.thebizloft.com/content/ibm-illustra-la-prospettiva-iot
Smart dust: il futuro è nei sensori
Qualche anno fa girava voce tra le comunità scientifiche della possibilità di realizzare una polvere intelligente (Smart dust), ovvero un insieme di microsensori digitali, distribuiti per tutto il pianeta e capaci di generare un nuovo modello di comunicazione che, agganciato a un network di computer, avrebbe permesso di misurare e capire tutto il mondo fisico.
Spesso le potenzialità delle tecnologie fanno ipotizzare soluzioni e scenari caratterizzati da una grande visionarietà. Ma la maggior parte dei progetti destinati ad avere un futuro vengono realizzati più tardi, almeno un decennio dopo.
Come quando si parla di una Internet delle cose, ad esempio. Immaginare un collegamento pervasivo tra una intelligenza elaborativa in qualsiasi forma, che si tratti di pc, smartphone, iPhone, iPad, Pda o elettrodomestici intelligenti e tutto l'indotto del world wide web, fa ancora parte di un sogno collettivo.
Come quando si parla di una Internet delle cose, ad esempio. Immaginare un collegamento pervasivo tra una intelligenza elaborativa in qualsiasi forma, che si tratti di pc, smartphone, iPhone, iPad, Pda o elettrodomestici intelligenti e tutto l'indotto del world wide web, fa ancora parte di un sogno collettivo.
La smart dust è a tutt'oggi ancora un immaginario ma la sensoristica, nel frattempo, ha fatto enormi passi avanti. Oggi esistono sensori la cui potenza elaborativa li rende a tutti gli effetti dei piccoli computer.
E proprio in questa direzione Peter Hartwell, capo ricercatore degli Hewlett-Packard Labs, da qualche tempo sta conducendo una sperimentazione.
Di fatto, l'anno scorso Hp ha avviato un progetto, chiamato Central Nervous System for the Earth, che prevede di distribuire attorno al pianeta qualcosa come un trilione di microscopici sensori.
Combinando l'elettronica con la nanotecnologia, lo scorso novembre i ricercatori Hp hanno annunciato di essere riusciti a sviluppare dei sensori con un accelerometro mille volte più sensibile dei detector attualmente commercializzati e integrati, ad esempio, nei controller della Nintendo Wii o in qualche smartphone di ultima generazione.
E proprio in questa direzione Peter Hartwell, capo ricercatore degli Hewlett-Packard Labs, da qualche tempo sta conducendo una sperimentazione.
Di fatto, l'anno scorso Hp ha avviato un progetto, chiamato Central Nervous System for the Earth, che prevede di distribuire attorno al pianeta qualcosa come un trilione di microscopici sensori.
Combinando l'elettronica con la nanotecnologia, lo scorso novembre i ricercatori Hp hanno annunciato di essere riusciti a sviluppare dei sensori con un accelerometro mille volte più sensibile dei detector attualmente commercializzati e integrati, ad esempio, nei controller della Nintendo Wii o in qualche smartphone di ultima generazione.
L'introduzione degli accelerometri nei prodotti di largo consumo, ha fatto notare Hartwell, ha modificato notevolmente le economie di scala dello sviluppo.
Negli anni 80, infatti, gli accelerometri erano utilizzati dall'industria automobilistica per monitorare la reattività degli airbag in caso di collisione. Si trattava di applicazioni di motion sensing molto costose. Oggi, invece, i prezzi di questo tipo di tecnologie si sono notevolmente ridotte e questo ha aperto la strada a nuovi modelli di utilizzo che ha permesso di collegare il mondo fisico a quello computazionale.
Negli anni 80, infatti, gli accelerometri erano utilizzati dall'industria automobilistica per monitorare la reattività degli airbag in caso di collisione. Si trattava di applicazioni di motion sensing molto costose. Oggi, invece, i prezzi di questo tipo di tecnologie si sono notevolmente ridotte e questo ha aperto la strada a nuovi modelli di utilizzo che ha permesso di collegare il mondo fisico a quello computazionale.
Secondo Hartwell, i desktop e i data center presto saranno un modello superato perché, in un certo senso, sono come dei grandi cervelloni, ma ciechi. Il salto di qualità, che aiuterà a superare questo limite, sono appunto i sensori che rivoluzioneranno la nostra capacità di comprendere il mondo.
Sensori integrati su chip Rfid potranno essere progettati per monitorare e misurare non solo le variazioni di movimento o di temperatura, ma anche livelli di contaminazioni chimica, alterazioni biologiche o qualsiasi eventuale cambiamento dell'ecosistema.
Il tallone d'Achille di questa tecnologia è nell'alimentazione necessaria a dare energia al sistema. “La Smart dust - ha osservato Joshua Smith, capo ingegnere presso gli Intel Labs di Seattle – per ora è impossiible da realizzare perché senza batterie al momento non funziona. Ma presto questa barriera sarà superata. In futuro, infatti, verranno realizzati sensori intelligenti che potranno gestire volumi di dati ancora più grandi a parità di consumi”.
Di fatto, nei laboratori Intel Smith sta lavorando su dei sensori che su tecnologia Rfid standard per l'identificazione da remoto integrano accelerometri e chip programmabili racchiusi in un package millimetrico. L'energia per attivare il sistema verrà dai reader Rfid o da qualche sistema di alimentazione radio proveniente, ad esempio, da un apparecchio televisivo, radiofonico o da un network WiFi. Perchè è su questo che sta lavorando Intel: su dei power-harvesting circuit, ovvero su dei sistemi di circuitazione capaci di intercettare energia dai sistemi circostanti.
Di fatto, nei laboratori Intel Smith sta lavorando su dei sensori che su tecnologia Rfid standard per l'identificazione da remoto integrano accelerometri e chip programmabili racchiusi in un package millimetrico. L'energia per attivare il sistema verrà dai reader Rfid o da qualche sistema di alimentazione radio proveniente, ad esempio, da un apparecchio televisivo, radiofonico o da un network WiFi. Perchè è su questo che sta lavorando Intel: su dei power-harvesting circuit, ovvero su dei sistemi di circuitazione capaci di intercettare energia dai sistemi circostanti.
In questo nuovo modello computazionale i sensori sono dei serventi: esistono per generare dati e più sensori ci sono e migliore e la qualità delle informazioni raccolte. Una volta raccolte e analizzate, le informazioni dovrebbero aiutare le persone a prendere decisioni più consapevoli negli ambiti più disparati, da un consumo più intelligente dell'energia a una diversa organizzazione della produzione. Le tecnologia sensoriali, a poco a poco, verranno implementate negli hardware più diversificati e, grazie a software dedicati, consentiranno di archiviare, processare e cercare dati secondo nuovi criteri di knowledge management spinto, dando un fondamento ancora più concreto alla Internet delle cose di cui si parlava all'inizio.
“Internet, in realtà, è solo agli albori – ha spiegato Katharine Frase, vice presidente delle tecnologie emergenti di Ibm Research -. La sensoristica computazionale sta diventanto una tecnologia sempre più importante e diffusa ma in questo momento è impossibile immaginare come trasfermerà il mondo futuro”. Le potenzialità, infatti, sono davvero tantissime.
Per chi vede il fenomeno da un'altra prospettiva, i sensori stand alone in realtà esistono da tempo. “Noi viviamo già in mezzo a un mondo di sensori – spiega Deborah Estrin, computer scientist presso la University of California, di Los Angeles -. Basta chiamarli per nome: telefoni cellulari”. Ed è proprio su questo principio che la Estrin e i suoi colleghi stanno lavorando, per realizzare diversi progetti che sfruttano i chip dei cellulari per collezionare dati e analisi, anche in virtù del fatto che, grazie alle videocamere, al Gps, agli accelerometri e alla connettività al Web permettono di intercettare una pluralità di dati a valore aggiunto.
“I cellulari sono una compagnia costante della gente – ha concluso la Estrin –. La killer application sarà personalizzare percorsi legati alla salute e al benessere. Questo modificherà comportamenti e abitudini, contribuendo a migliorare la qualità della vita”.
“I cellulari sono una compagnia costante della gente – ha concluso la Estrin –. La killer application sarà personalizzare percorsi legati alla salute e al benessere. Questo modificherà comportamenti e abitudini, contribuendo a migliorare la qualità della vita”.
fonte: http://rfid.thebizloft.com/content/smart-dust-il-futuro-è-nei-sensori
la tecnologia avanza si fa sempre più potente e miniaturizzata, quello che viene fatto nei laboratori prima di arrivare al pubblico passano anni e internet non è al suo massimo.
ReplyDeletela fiera dell'ovvio
Puntozero io fossi in te starei attento, sei appena stato segnalato a IBM
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