http://zret.blogspot.com/2011/07/fumo-ed-eufemismi.html
Fumo ed eufemismi (credevo che parlasse di fumo e corrado penna)
Alessandro Manzoni osserva che l’eufemismo è una figura ipocrita. Come non convenire? Il linguaggio è oggi più che mai snaturato da accorgimenti retorici: oltre all’eufemismo ed alla sua ganza, la litote, i discorsi sono costellati di espressioni sdolcinate e lievi idonee a smussare gli spigoli di una dura realtà, quando non servono a coprirla di spessi drappi.
I combattenti che sono massacrati su un fronte “sono caduti”. Sì, sono caduti per non rialzarsi più. Disgustosa è l’enfasi intrisa di ipocrisia, radicata sovente in una tradizione letteraria ampollosa e patriottarda: “E dimani cadrò”, scrive Giosuè Carducci in una sua celebre lirica. “Cadrò”, non “morrò”. E’ anche il tabù nei confronti della morte.
Glorificati ed elevati ad eroi, i soldati sono carne e sangue. La carne è da cannone. Il loro sangue è inchiostro con cui vergare solenni proclami, trasudanti unta eloquenza, in stile Napo Orso Capo, vero maestro della simulazione più gesuitica, le cui allocuzioni sono fimo fumante.
Se durante i due conflitti mondiali i coscritti cadevano durante un eroico attacco o l’altrettanto eroica difesa del suolo patrio, oggi i volontari che sono dilaniati da un ordigno in Afghanistan, cadono nel corso di una missione di pace. La guerra è diventata, con ossimoro che supera la stessa frode linguistica di Agostino, “umanitaria”. I bombardamenti sono “chirurgici, le bombe “democratiche”.
L’impostura lessicale si abbatte soprattutto sugli animali, questi oggetti che valgono meno degli oggetti. Quando un cavallo si è azzoppato in modo grave, viene abbattuto. I capi di bestiame, colpiti da un’epidemia, sono abbattuti, non uccisi. Sono muri che si abbattono, ergo cose. In questo ambito forse fermenta un oscuro senso di colpa, lo stesso senso di colpa che spingeva gli antichi Greci ad ornare con bende le corna del toro votato al sacrificio, destinato a dei assetati di sangue. Almeno, prima di procombere sotto la scure del sacrificante, il toro si sentiva al centro dell’attenzione. Furono le caste sacerdotali ad istigare le carneficine animali, persuasi a loro volta da “dei” carnefici. E’ incontrovertibile: il sacerdote è letteralmente colui che compie le azioni sacre, ma “sacer” vale anche “terribile”, “esecrando”. La lingua, denudata dei suoi insinceri paludamenti, manifesta l’orrore di certe contraddizioni.
Abraham non dovette sacrificare il figlio Isaac, ma immolò un montone. E’ sempre un’uccisione, anche se molti la giudicano veniale.
Che cosa pensare del verbo “fare” sempre impiegato per riferirsi alle vittime causate da una guerra, una calamità, un incidente, una strage di stato? “L’attentato ha fatto undici morti”. Il verbo anodino per eccellenza diluisce in una grisaille la tragedia della morte per consegnarla alla mercificazione degli uomini: la produzione tanatologica è allineata alle altre produzioni. Gli eventi mortali sono catene di montaggio… ben oliate. [2]
Un altro settore deturpato dalla falsità eufemistica è l’economia: le tasse sono “contributi”; i prezzi di prodotti e servizi non vengono aumentati, ma “rimodulati”. Salari, stipendi e pensioni non sono tagliati, bensì “ridefiniti”. L’età per il collocamento a riposo non è elevata, ma “adeguata alle aspettative di vita”.
Le scuole non sono soppresse o unite, ma “la loro distribuzione sul territorio è ispirata a princìpi di razionalizzazione”. Le risorse non sono decurtate, bensì “ottimizzate”. I finanziamenti non sono ridotti, piuttosto “assegnati secondo criteri funzionali alle reali esigenze”. Se un insegnante viene a sapere che l’offerta didattico-educativa “sarà valorizzata attraverso una razionalizzazione”, significa che avrà una classe di 35 allievi! Il linguaggio della didattica rigurgita di leziosi eufemismi e di diciture tanto comiche quanto altisonanti. Gli obiettivi del piano didattico sono ormai la “mission d’istituto” (sic); il fine di un’attività è il “focus”; la fase di una procedura è lo "step"; la preparazione di base degli studenti è l”’imput” (con la m!) e ridicolaggini simili su cui è meglio non soffermarsi.
Campioni di lingua bastarda sono, come è noto, i giornalisti o sedicenti tali, ma con codesta genia di beoti rivaleggia la stirpe degenere dei sindacalisti, il cui idioletto è un non-linguaggio, un vuoto pneumatico, il nulla divenuto un brusio. I sindacalisti sono imbonitori, parolai: se non esalassero il fumo dei loro discorsi, sarebbero invisibili.
Ci emanciperemo mai dall’ipoteca dell’eufemismo e dalla mistificazione linguistica? Si avvererebbe un sogno, se un dì potessimo seguire un notiziario o leggere un quotidiano in cui la lingua fosse usata in modo cristallino ed onesto. Una lingua di questo tipo, però, presuppone una coscienza altrettanto cristallina ed onesta. Dunque la vedo grama.
[1] Laura Bossi, nel saggio “Storia naturale dell’anima”, 2003, ricorda che “in occasione dei massacri di animali perpetrati in Europa, durante l’epidemia epizootica, è apparso nel linguaggio degli allevatori, per indicare l’uccisione, il termine ‘smaltimento’, come si direbbe di una merce avariata”.
[2] Ben venga, però, il verbo “fare” quando ne abusa Paolo Cattivissimo: si acconguaglia ad uno che è completamente... fatto. Absit iniuria verbis.
Articolo correlato: Freeanimals, 41 eroi caduti finora per la democrazia, 2011
I combattenti che sono massacrati su un fronte “sono caduti”. Sì, sono caduti per non rialzarsi più. Disgustosa è l’enfasi intrisa di ipocrisia, radicata sovente in una tradizione letteraria ampollosa e patriottarda: “E dimani cadrò”, scrive Giosuè Carducci in una sua celebre lirica. “Cadrò”, non “morrò”. E’ anche il tabù nei confronti della morte.
Glorificati ed elevati ad eroi, i soldati sono carne e sangue. La carne è da cannone. Il loro sangue è inchiostro con cui vergare solenni proclami, trasudanti unta eloquenza, in stile Napo Orso Capo, vero maestro della simulazione più gesuitica, le cui allocuzioni sono fimo fumante.
Se durante i due conflitti mondiali i coscritti cadevano durante un eroico attacco o l’altrettanto eroica difesa del suolo patrio, oggi i volontari che sono dilaniati da un ordigno in Afghanistan, cadono nel corso di una missione di pace. La guerra è diventata, con ossimoro che supera la stessa frode linguistica di Agostino, “umanitaria”. I bombardamenti sono “chirurgici, le bombe “democratiche”.
L’impostura lessicale si abbatte soprattutto sugli animali, questi oggetti che valgono meno degli oggetti. Quando un cavallo si è azzoppato in modo grave, viene abbattuto. I capi di bestiame, colpiti da un’epidemia, sono abbattuti, non uccisi. Sono muri che si abbattono, ergo cose. In questo ambito forse fermenta un oscuro senso di colpa, lo stesso senso di colpa che spingeva gli antichi Greci ad ornare con bende le corna del toro votato al sacrificio, destinato a dei assetati di sangue. Almeno, prima di procombere sotto la scure del sacrificante, il toro si sentiva al centro dell’attenzione. Furono le caste sacerdotali ad istigare le carneficine animali, persuasi a loro volta da “dei” carnefici. E’ incontrovertibile: il sacerdote è letteralmente colui che compie le azioni sacre, ma “sacer” vale anche “terribile”, “esecrando”. La lingua, denudata dei suoi insinceri paludamenti, manifesta l’orrore di certe contraddizioni.
Abraham non dovette sacrificare il figlio Isaac, ma immolò un montone. E’ sempre un’uccisione, anche se molti la giudicano veniale.
Che cosa pensare del verbo “fare” sempre impiegato per riferirsi alle vittime causate da una guerra, una calamità, un incidente, una strage di stato? “L’attentato ha fatto undici morti”. Il verbo anodino per eccellenza diluisce in una grisaille la tragedia della morte per consegnarla alla mercificazione degli uomini: la produzione tanatologica è allineata alle altre produzioni. Gli eventi mortali sono catene di montaggio… ben oliate. [2]
Un altro settore deturpato dalla falsità eufemistica è l’economia: le tasse sono “contributi”; i prezzi di prodotti e servizi non vengono aumentati, ma “rimodulati”. Salari, stipendi e pensioni non sono tagliati, bensì “ridefiniti”. L’età per il collocamento a riposo non è elevata, ma “adeguata alle aspettative di vita”.
Le scuole non sono soppresse o unite, ma “la loro distribuzione sul territorio è ispirata a princìpi di razionalizzazione”. Le risorse non sono decurtate, bensì “ottimizzate”. I finanziamenti non sono ridotti, piuttosto “assegnati secondo criteri funzionali alle reali esigenze”. Se un insegnante viene a sapere che l’offerta didattico-educativa “sarà valorizzata attraverso una razionalizzazione”, significa che avrà una classe di 35 allievi! Il linguaggio della didattica rigurgita di leziosi eufemismi e di diciture tanto comiche quanto altisonanti. Gli obiettivi del piano didattico sono ormai la “mission d’istituto” (sic); il fine di un’attività è il “focus”; la fase di una procedura è lo "step"; la preparazione di base degli studenti è l”’imput” (con la m!) e ridicolaggini simili su cui è meglio non soffermarsi.
Campioni di lingua bastarda sono, come è noto, i giornalisti o sedicenti tali, ma con codesta genia di beoti rivaleggia la stirpe degenere dei sindacalisti, il cui idioletto è un non-linguaggio, un vuoto pneumatico, il nulla divenuto un brusio. I sindacalisti sono imbonitori, parolai: se non esalassero il fumo dei loro discorsi, sarebbero invisibili.
Ci emanciperemo mai dall’ipoteca dell’eufemismo e dalla mistificazione linguistica? Si avvererebbe un sogno, se un dì potessimo seguire un notiziario o leggere un quotidiano in cui la lingua fosse usata in modo cristallino ed onesto. Una lingua di questo tipo, però, presuppone una coscienza altrettanto cristallina ed onesta. Dunque la vedo grama.
[1] Laura Bossi, nel saggio “Storia naturale dell’anima”, 2003, ricorda che “in occasione dei massacri di animali perpetrati in Europa, durante l’epidemia epizootica, è apparso nel linguaggio degli allevatori, per indicare l’uccisione, il termine ‘smaltimento’, come si direbbe di una merce avariata”.
[2] Ben venga, però, il verbo “fare” quando ne abusa Paolo Cattivissimo: si acconguaglia ad uno che è completamente... fatto. Absit iniuria verbis.
Articolo correlato: Freeanimals, 41 eroi caduti finora per la democrazia, 2011
Ben venga, però, il verbo “fare” quando ne abusa Paolo Cattivissimo: si acconguaglia ad uno che è completamente... fatto.
ReplyDeleteLa battuta finale è sempre tristissima e stra-abusata, come lo Stronzio ultimamente.
si acconguaglia ad uno che è completamente... fatto
ReplyDeleteOh, ma è una perfetta descrizione del Corrado Penna
Per una volta sono praticamente d'accordo con Zret. Anche se credo basterebbe continuare la discussione 5 minuti per trovare punti di estremo disaccordo, vedi la battuta finale.
ReplyDeleteAnche perché uno che usa il verbo "acconguagliarsi" (che non esiste) è per definizione un cretino.
ReplyDeleteCio che conta Comoreto è che SEI D'ACCORDO CON ZRET.
ReplyDeleteAttivissimo non sembra un morto a voi? A parte gli scherzi,ma non sarebbe più adatto a fare il becchino o il medico che infagotta per benino i cadaveri? Dico davvero, Mah.
Sinceramente a parte la battuta finale non vi è nulla di contestabile in questo post, ed è anche scritto molto bene.
ReplyDeleteAcconguagliarsi esiste, è un arcaismo, ogni tanto si trova:)
ma non sarebbe più adatto a fare il becchino o il medico che infagotta per benino i cadaveri?
ReplyDeleteUhm, invece mi sembra proprio il lavoro adatto a zret, visti i suoi sempre funerei articoli.
Dico anch'io sul serio, bisognerebbe proporglielo, credo si guadagni bene e non c'è problema di disoccupazione. Così potrà continuare a mantenere il fratello fannullone strakkino ...
Acconguagliarsi esiste, è un arcaismo, ogni tanto si trova:)
ReplyDeleteAcconguagliarsi sul Devoto-Oli non si trova proprio !!!
Su quale dizionario si trova questo termine Daneel ?
I dizionari italiano hanno un problema, durante la stesura gli autori adoperano un metodo assai discutibile, non essendoci in Italia un autorità in merito alla lingua, queste persone decidono di inserire i termini nel loro vocabolario in base a quanto vengono usati nel periodo in cui l'opera è redatta. Se, ad esempio, un termine non è più usato da 15 anni viene semplicemente ignorato e così nella nuova edizione del dizionario non raffigurerà più, ovviamente dopo 30 edizioni dello stesso dizionario in cui non compare il termine viene dimenticato.
ReplyDeleteSe si controlla in dizionari come lo Zanichelli, Garzanti, etc... ci si accorge che mancano numerosi termini che magari vengono invece riportati nel vocabolario della Crusca, che menziona solo termini risalenti a diversi secoli fa. Tuttavia un termine risalente a magari 100 anni fa non viene menzionato ne nel vocabolario della Crusca( poichè è troppo moderno) ne in un edizione dello Zanichelli( perchè non più adoperato).
Spero di essere stato esauriente:)
Spero di essere stato esauriente:)
ReplyDeleteAbbastanza, ma, a mio parere, questo non autorizza nessuno ad usare termini desueti. Un vocabolo non scompare perché non compare nei dizionari: scompare dai dizionari (giustamente) perché nessuno lo usa più. Può darsi benissimo che il verbo "acconguagliarsi" sia esistito, ma oggi non c'è, come dimostra Google. Quindi il mio giudizio sull'autore di quel pezzo, che scrive usando paroloni per impressionare i sempliciotti che lo leggono e per mascherare la sua proverbiale carenza di idee, rimane immutato.
PS: invece tutti i dizionari italiani concordano nell'imporre la presenza di un accento acuto sulla congiunzione "né"...
Se poi consideri che il personaggio in questione ha appena scritto che
ReplyDeleteLo zapper è uno strumento inventato dalla compianta Dottoressa Clarck. L'apparecchio neutralizza i patogeni, mandandoli in risonanza, poiché ogni batterio ha una sua frequenza. E' stato usato anche contro il Morgellons e pare con discreti risultati. E', invece, del tutto inutile nel caso di intossicazione da metalli.
l'epiteto di "cretino" appare quanto meno riduttivo.
Zret a parte, non considero validi supporti per la lingua i vocabolari, gli arcaismi esistono, non vanno eliminati, non si può cancellare un parola solo perché la usano in tre, con quale autorità un autore effettua questa operazione? Con nessuna autorità! Se si prendessero tre o quattro vocabolari diversi ci si accorgerebbe che su alcuni ci sono parole che sugli altri non ci sono e viceversa. Questo significa solo che non vi è alcun criterio di decisione valido, si va a preferenze. Ci sono un sacco di termini usati da poeti e letterati di secoli che non si adoperano più e questo a mio parere è un male.
ReplyDelete:)
Beh Daneel, è chiaro quanto tu dici, però non hai detto ne su quale dizionario, moderno o antico che sia, si trovi il termine, ne cosa significhi.
ReplyDeleteIn ogni caso, se il termine non viene usato più da molto tempo in una lingua, diciamo da almeno 150, 200 anni, si può considerare dato termine non facente più parte della suddetta lingua e, a mio parere, utilizzarlo come fa zret in uno scritto attuale, è solo pomposità o un misero, meschino tentativo di apparire colto senza peraltro esserlo.
Spero anch'io di essere stato esuriente ;-)
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ReplyDeleteTanto per la cronaca, il termine "acconguagliarsi" non si trova nemmeno nel vocabolario della crusca, corretto e accresciuto dall'Abate Manuzzi, accademico della crusca e vissuto nel XIX secolo :
ReplyDeletehttp://tinyurl.com/3gm89ud
Mi domando perciò da dove salti fuori tale vocabolo, si tratta di una licenza poetica di un qualche autore del passato, o se lo è inventato di sana pianta Antonio Marcianò, magari storpiando qualche vocabolo ?
Anche Straker è talmente brutto che potrebbe recitare in un film dell'orrore
ReplyDeleteQuando parlavo della crusca non mi riferivo al termine acconguagliarsi ma era un discorso in generale. Comunque lo lessi un paio di volte su internet e forse su un articolo in un settimanale nella sala d'attesa di un dentista o di un medico(asd), non credo se lo sia inventato Zret, o per lo meno non è stato il primo a inventarselo!
ReplyDeleteCiao:)
Sinceramente: un post con contenuti in parte condivisibili che tratta (anche) di lingua e linguaggio scritto usando termini inesistenti (acconguagliarsi) o in modo improprio (procombere) giusto per far due esempi è quanto meno paradossale. 'o professò cogliò ha espresso la frustrazione di un pubblico dipendente (insegnante) pagato quattro soldi in un ambiente di lavoro allo sfascio oppresso da un "sistema" che non valorizza professionalità e merito (cfr. riferimenti a sindacati e/o classi sovraffollate ecc.): meglio però denunciare alla maniera di Marina Boscaino, allora, si condividano o meno le sue idee: roba del genere è solo un esercizio intellettuale (parola grossa, visto l'autore) fine a se stesso.
ReplyDeleteilpeyote pragmatico e sintetico
ps. Anche io sono d'accordo con zret (sempre a parte la battuta finale che poteva risparmiarsi.
ReplyDeleteCredo poi che questo articolo sia stato fortemente ispirato da uno degli ultimi apparsi sul blog di Beppe Grillo. Ma non ci sono copia/incolla quindi zret questa volta ti devo proprio stringere la mano...fino al prossimo post da impiccagione, naturalmente.
Daneel, ho chiesto ad una persona amica, esperta di lingua e letteratura italiana, e questa è stata la sua risposta :
ReplyDeleteSinceramente non l'ho mai sentita. Provo a fare un po' di ricerca, ma mi sa tanto di neologismo fatto alla carlona...
Tenuto conto dell'esperienenza di questa persona, ritengo quindi che questa parola non esista e probabilmente sia stata inventata da qualcuno che non è zret, che quindi non è originale nemmeno nell'inventarsi i termini.
Comunque fai tu se queste riviste, che hai letto da un medico o di un dentista, siano più attendibili di esperti di lingua italiana.
Su internet poi di parole inventate se ne trovano tante ;-)
non mi funziona più il tasto freccia a destra,
ReplyDeleteche si sia acconguagliato ?
Zret PUPPA
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