http://zret.blogspot.com/2011/07/una-teoria-di-teorie.html
Una teoria di teorie
Dove affiora la vita e che cos’è? E’ possibile che la vita sia generata dalla coscienza, ma non sappiamo che cosa si debba intendere veramente per coscienza. Perché affermiamo che piante, animali ed uomini sono esseri animati, mentre le pietre ed i cristalli non lo sono? Anche i cristalli potrebbero essere creature viventi in cui la coscienza è sopita.
Alcuni indirizzi di pensiero oggi riscoprono l'Anima mundi, studiando l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, ma nessuno è riuscito a spiegare, a dar conto della discontinuità tra il mondo delle particelle e l’universo delle cellule per risalire via via sino alla consapevolezza, all’anima, fino allo spirito.
Giustamente si suppone che la mente possa influire sul corpo, ma resta un enigma in che modo e come gettare un ponte tra le due rive. E’ in gioco non solo una questione conoscitiva, ma anche la salute che è il risultato di un fragile equilibrio. Affermare che le cellule, le molecole e persino gli atomi sono dotati di mente è più uno stratagemma linguistico che un chiarimento, anche se probabilmente è così.[1]
Non conosciamo dove finisca la fisica per dar spazio alla chimica, dove termini la chimica e principi la biologia, dove si compia la biologia per dar luogo alla psicologia… In modo quasi paradossale, in una struttura del sapere ad anello, è la fisica la disciplina più contigua alla metafisica: qui l’orizzonte diviene elusivo, quasi immateriale.
E’ evidente: bisognerebbe riuscire a comporre tutte le discontinuità, a saldare le fratture, ma è compito arduo. Così la “semplice” frase: “La mente influisce sulla materia” implica dei passaggi concettuali audaci, vertiginosi, poiché ignoriamo i due corni del dilemma e come interagiscano. Anche qualora intendessimo eliminare uno dei due corni, per mezzo di una visione monistica, ci troveremmo di fronte a tante e tali aporie da sbriciolare la teoria nel momento stesso in cui venisse ventilata.[2]
Le teorie sono edifici splendidi, ma fragili. Le teorie sono edifici grandiosi che si riempiono di crepe, un istante dopo che sono stati innalzati. Ipotesi, sistemi, interpretazioni… mai come in questi anni si sono moltiplicati e sono più gli aspetti che li differenziano da quelli che li accomunano.
Mi pare che i modelli esegetici siano dei cerchi perfetti, ma vuoti. La realtà manifesta rimane un enigma e, quanto più tentiamo di delinearla, tanto più il quadro si complica, abbisognando di continui aggiustamenti. Le teorie sono simili a quei dipinti che un artista incontentabile continua a ritoccare con il risultato che, alla fine, li rovina.
Altro che teoria del tutto, qui non siamo ancora stati in grado di formulare un agile e comprensibile modello di settori limitati del reale. Se poi si aggiunge che le teorie che ambiscono ad essere onnicomprensive sono complesse a tal punto da debordare nell’astrusità, si intende che la strada da percorrere è ancora molto lunga. Si consideri che molte interpretazioni si ostinano ad aggredire, in verità con scarsissimo successo, solo il mondo fenomenico. Che cosa succede quando si tenta di addentrarsi nell’essenza? Siamo ciechi che brancicano nel buio.
Ancora, ammesso e non concesso che si riesca a fornire un quadro pur sommario, ma plausibile dell’universo, come si potrà poi attaccare la roccaforte del male? Se la presenza della vita nel cosmo è una sfida formidabile anche per gli intelletti più eccelsi, il problema del male, in quanto realtà incongrua, dissonante con il tutto, disarma.
Eppure si seguita a cercare ed a porsi domande, perché è nella natura umana, anche se forse sarebbe meglio evitare di porsi quesiti che non possono avere risposta.
[1] Se la medicina allopatica considera solo i sintomi, perdendo di vista l’uomo, priva com’è di una visione olistica, alcune medicine cosiddette alternative tendono a colpevolizzare il paziente. Lo riconosce lo stesso Deepak Chopra, medico ayurvedico: se – egli nota – riteniamo che molte malattie affondino le radici in conflitti interiori, in squilibri psichici di cui spesso non si è consapevoli, esortare il paziente a prendere coscienza di questi problemi significa creare dei sensi di colpa, senza che si riesca a favorire la guarigione, anzi causando talvolta un peggioramento.
[2] E’ naturale che pure “la materia produce il pensiero” è asserzione altrettanto ardita ed indimostrabile.
Alcuni indirizzi di pensiero oggi riscoprono l'Anima mundi, studiando l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, ma nessuno è riuscito a spiegare, a dar conto della discontinuità tra il mondo delle particelle e l’universo delle cellule per risalire via via sino alla consapevolezza, all’anima, fino allo spirito.
Giustamente si suppone che la mente possa influire sul corpo, ma resta un enigma in che modo e come gettare un ponte tra le due rive. E’ in gioco non solo una questione conoscitiva, ma anche la salute che è il risultato di un fragile equilibrio. Affermare che le cellule, le molecole e persino gli atomi sono dotati di mente è più uno stratagemma linguistico che un chiarimento, anche se probabilmente è così.[1]
Non conosciamo dove finisca la fisica per dar spazio alla chimica, dove termini la chimica e principi la biologia, dove si compia la biologia per dar luogo alla psicologia… In modo quasi paradossale, in una struttura del sapere ad anello, è la fisica la disciplina più contigua alla metafisica: qui l’orizzonte diviene elusivo, quasi immateriale.
E’ evidente: bisognerebbe riuscire a comporre tutte le discontinuità, a saldare le fratture, ma è compito arduo. Così la “semplice” frase: “La mente influisce sulla materia” implica dei passaggi concettuali audaci, vertiginosi, poiché ignoriamo i due corni del dilemma e come interagiscano. Anche qualora intendessimo eliminare uno dei due corni, per mezzo di una visione monistica, ci troveremmo di fronte a tante e tali aporie da sbriciolare la teoria nel momento stesso in cui venisse ventilata.[2]
Le teorie sono edifici splendidi, ma fragili. Le teorie sono edifici grandiosi che si riempiono di crepe, un istante dopo che sono stati innalzati. Ipotesi, sistemi, interpretazioni… mai come in questi anni si sono moltiplicati e sono più gli aspetti che li differenziano da quelli che li accomunano.
Mi pare che i modelli esegetici siano dei cerchi perfetti, ma vuoti. La realtà manifesta rimane un enigma e, quanto più tentiamo di delinearla, tanto più il quadro si complica, abbisognando di continui aggiustamenti. Le teorie sono simili a quei dipinti che un artista incontentabile continua a ritoccare con il risultato che, alla fine, li rovina.
Altro che teoria del tutto, qui non siamo ancora stati in grado di formulare un agile e comprensibile modello di settori limitati del reale. Se poi si aggiunge che le teorie che ambiscono ad essere onnicomprensive sono complesse a tal punto da debordare nell’astrusità, si intende che la strada da percorrere è ancora molto lunga. Si consideri che molte interpretazioni si ostinano ad aggredire, in verità con scarsissimo successo, solo il mondo fenomenico. Che cosa succede quando si tenta di addentrarsi nell’essenza? Siamo ciechi che brancicano nel buio.
Ancora, ammesso e non concesso che si riesca a fornire un quadro pur sommario, ma plausibile dell’universo, come si potrà poi attaccare la roccaforte del male? Se la presenza della vita nel cosmo è una sfida formidabile anche per gli intelletti più eccelsi, il problema del male, in quanto realtà incongrua, dissonante con il tutto, disarma.
Eppure si seguita a cercare ed a porsi domande, perché è nella natura umana, anche se forse sarebbe meglio evitare di porsi quesiti che non possono avere risposta.
[1] Se la medicina allopatica considera solo i sintomi, perdendo di vista l’uomo, priva com’è di una visione olistica, alcune medicine cosiddette alternative tendono a colpevolizzare il paziente. Lo riconosce lo stesso Deepak Chopra, medico ayurvedico: se – egli nota – riteniamo che molte malattie affondino le radici in conflitti interiori, in squilibri psichici di cui spesso non si è consapevoli, esortare il paziente a prendere coscienza di questi problemi significa creare dei sensi di colpa, senza che si riesca a favorire la guarigione, anzi causando talvolta un peggioramento.
[2] E’ naturale che pure “la materia produce il pensiero” è asserzione altrettanto ardita ed indimostrabile.
Non conosciamo dove finisca la fisica per dar spazio alla chimica ...è la fisica la disciplina più contigua alla metafisica: qui l’orizzonte diviene elusivo, quasi immateriale
ReplyDeleteCon queste affermazioni o'professo' coglio' dimostri che una capra e' meno ignorante di te in fisica. Al tuo livello di ignoranza c'e' solo il pennuto cannaiolo.
Anche di filosofia ti dimostri altrettano ignorante ...
Non conosciamo dove finisca la fisica per dar spazio alla chimica ...
ReplyDeleteEccola anche quà, la pochezza intellettuale di zret (in particolare) e degli sciachimisti (in generale).
I "nostro" ha bisogno di regolette semplici, mnemoniche (le scie si formano a 8000 metri, con il 70% di umidità ecc ecc), e quando non le trova, perché il mondo è più complesso di quanto lui immagini, va in marasma.
E da lì, eccolo aderire ai soliti luoghi comuni: "nulla è conoscibile", "tutto è possibile" e via fantasticando in modo da preparare un terreno dove le sue paranoie (sulle quali, guarda caso, non ha mai alcun dubbio) abbiano vita facile.
E’ naturale che pure “la materia produce il pensiero” è asserzione altrettanto ardita ed indimostrabile.
ReplyDeleteCome no, certo che è dimostrabile: gli escrementi che compongono il tuo cervello partoriscono giornalmente queste immani cazzate che scrivi.
Lo riconosce lo stesso Deepak Chopra, medico ayurvedico: se – egli nota – riteniamo che molte malattie affondino le radici in conflitti interiori
ReplyDeleteDeepak Chopra, ecco un altro fuffaro che ha fatto soldi e carriera con le corbellerie che propina ...
Da quello che ha scritto o'professo' coglio', mi sembra che propini pericolose fregnacce simili a quelle di Hamer ...
A me piacerebbe sentire l'audio di Lui che racconta queste belinate....
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