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Jail
Michel Foucault, nel celebre saggio “Sorvegliare e punire”, individua nel carcere, inteso come luogo-istituzione, il marchio e la mentalità dello stato moderno e contemporaneo. L’opera di Foucault esamina il problema in modo lucido, stringente: dovrebbe essere letta e compresa da chi vede nell’apparato penitenziario qualcosa di “normale”.
Siamo portati a pensare che i penitenziari come quelli attuali siano sempre esistiti. Non è così. Nell’antichità il carcere era un luogo dove il reo era temporaneamente rinchiuso in attesa che venisse eseguita la condanna: si pensi a Socrate che aspettò in prigione di trangugiare la cicuta o a Giugurta incatenato nel Tullianum per alcuni terribili giorni, prima di essere strangolato dal boia. Anche nel Medioevo nella cella il colpevole o presunto tale è custodito sino all’esecuzione della pena (la morte, una mutilazione, la gogna...): colà è interrogato o torturato. Il sistema penale del passato, nel complesso, appare paradossalmente più mite di quello odierno.
Quante volte, di fronte a delitti turpi e feroci, udiamo la reazione dell’uomo medio: “Bisognerebbe sbatterlo dietro le sbarre e buttare la chiave!” E’ un’indignata richiesta che si può comprendere, se non fosse che “dietro le sbarre” finiscono per lo più innocenti o ladri di polli o derelitti. I veri criminali non sono soltanto liberi cittadini: essi occupano i principali centri del potere e delinquono con la totale certezza dell’impunità. Militari, banchieri, governanti, giudici, giornalisti, questurini… perpetrano in tutta tranquillità nefandezze alla luce del sole, quel sole che i carcerati possono vedere solo a scacchi. Nella peggiore delle ipotesi (peggiore per alcuni di loro, di solito pesci piccolissimi), saranno disposti gli arresti domiciliari, magari in ville principesche: Gianfranco Boccalatte docet.
La cronaca è piena di incolpevoli condannati all’ergastolo o a pene detentive molto lunghe, di candidati manciuriani, di capri espiatori gettati tra le grinfie di un’opinione pubblica feroce e vendicativa. Costoro sono defraudati della libertà: costretti in pochi metri quadrati, sovente pigiati tra brande ed orinatoi, soffrono più per l’impossibilità di muoversi e di occupare il tempo in modo gratificante che per le condizioni igieniche spaventose. La noia soffoca più del dolore. Questa situazione è contro natura, come l’abitudine di tenere i volatili in gabbia.
Inoltre le cicatrici sul corpo e sull’anima di una detenzione iniqua sono indelebili: il principio giuridico “in dubio pro reo” non viene quasi mai applicato, specialmente in Italia dove pubblici ministeri e giudici, pur con qualche eccezione, sembrano smaniosi di gettare in galera un “responsabile” purchessia.
Si obietterà che i manigoldi non possono restare nel consorzio umano, poiché vanno puniti e deve essere impedito loro di reiterare il reato, ma non è forse lo stato, questo funesto idolo, con la sua perversione assoluta ed irredimibile, all’origine di quasi tutti i misfatti? Il denaro è un’invenzione dello stato, la povertà è un’invenzione dello stato, la guerra è un'invenzione dello stato, l’ingiustizia è un’invenzione dello stato, la violenza è un’invenzione dello stato, il fisco è un’invenzione dello stato, l’immoralità è un’invenzione dello stato, la corruzione è un’invenzione dello stato, la follia omicida è un’invenzione dello stato, il gioco d’azzardo è un’invenzione dello stato, il terrorismo è un’invenzione dello stato, il traffico di stupefacenti è un’invenzione dello stato, la mafia è un’invenzione dello stato, le malattie sono un’invenzione dello stato, l’ignoranza è un’invenzione dello stato, le truffe sono un'invenzione dello stato, l'inquinamento è un'invenzione dello stato... Prendiamo pure misure contro il singolo, ma nello stesso tempo aboliamo il sistema. Una volta trasceso il sistema, sarà ancora necessario assumere dei provvedimenti contro l’individuo?
E’ vero che gli uomini paiono più proclivi al male che al bene, ma ci siamo mai domandati quanto di questo male sia il lascito di una plurisecolare oppressione clerico-statale? Non esistono società perfette né forse sono mai esistite, ma presso alcune tribù di nativi americani non erano adoperati strumenti coercitivi anche nei confronti di chi violava le regole della convivenza civile. Il delitto era punizione a sé stesso. Forse è una ricostruzione idealizzata, come quella relativa alle società gilaniche. E’ incontestabile, però, che quanto più lo stato ed il controllo si rafforzano, tanto più si diffonde la delinquenza. E’ naturale che in un mondo rigenerato (se mai sorgerà) non esisteranno né carcerieri né carcerati, “né briganti né gendarmi”.
Già l’esistenza è, in non pochi casi, un carcere. Si eviti di aggiungere al danno un altro danno, soprattutto se si ricorda chi langue nelle “patrie galere”: nella maggior parte dei casi, cittadini ingiustamente incriminati ed ingiustamente reclusi.
Articolo correlato: Freeanimals, Gabbie, 2011
Siamo portati a pensare che i penitenziari come quelli attuali siano sempre esistiti. Non è così. Nell’antichità il carcere era un luogo dove il reo era temporaneamente rinchiuso in attesa che venisse eseguita la condanna: si pensi a Socrate che aspettò in prigione di trangugiare la cicuta o a Giugurta incatenato nel Tullianum per alcuni terribili giorni, prima di essere strangolato dal boia. Anche nel Medioevo nella cella il colpevole o presunto tale è custodito sino all’esecuzione della pena (la morte, una mutilazione, la gogna...): colà è interrogato o torturato. Il sistema penale del passato, nel complesso, appare paradossalmente più mite di quello odierno.
Quante volte, di fronte a delitti turpi e feroci, udiamo la reazione dell’uomo medio: “Bisognerebbe sbatterlo dietro le sbarre e buttare la chiave!” E’ un’indignata richiesta che si può comprendere, se non fosse che “dietro le sbarre” finiscono per lo più innocenti o ladri di polli o derelitti. I veri criminali non sono soltanto liberi cittadini: essi occupano i principali centri del potere e delinquono con la totale certezza dell’impunità. Militari, banchieri, governanti, giudici, giornalisti, questurini… perpetrano in tutta tranquillità nefandezze alla luce del sole, quel sole che i carcerati possono vedere solo a scacchi. Nella peggiore delle ipotesi (peggiore per alcuni di loro, di solito pesci piccolissimi), saranno disposti gli arresti domiciliari, magari in ville principesche: Gianfranco Boccalatte docet.
La cronaca è piena di incolpevoli condannati all’ergastolo o a pene detentive molto lunghe, di candidati manciuriani, di capri espiatori gettati tra le grinfie di un’opinione pubblica feroce e vendicativa. Costoro sono defraudati della libertà: costretti in pochi metri quadrati, sovente pigiati tra brande ed orinatoi, soffrono più per l’impossibilità di muoversi e di occupare il tempo in modo gratificante che per le condizioni igieniche spaventose. La noia soffoca più del dolore. Questa situazione è contro natura, come l’abitudine di tenere i volatili in gabbia.
Inoltre le cicatrici sul corpo e sull’anima di una detenzione iniqua sono indelebili: il principio giuridico “in dubio pro reo” non viene quasi mai applicato, specialmente in Italia dove pubblici ministeri e giudici, pur con qualche eccezione, sembrano smaniosi di gettare in galera un “responsabile” purchessia.
Si obietterà che i manigoldi non possono restare nel consorzio umano, poiché vanno puniti e deve essere impedito loro di reiterare il reato, ma non è forse lo stato, questo funesto idolo, con la sua perversione assoluta ed irredimibile, all’origine di quasi tutti i misfatti? Il denaro è un’invenzione dello stato, la povertà è un’invenzione dello stato, la guerra è un'invenzione dello stato, l’ingiustizia è un’invenzione dello stato, la violenza è un’invenzione dello stato, il fisco è un’invenzione dello stato, l’immoralità è un’invenzione dello stato, la corruzione è un’invenzione dello stato, la follia omicida è un’invenzione dello stato, il gioco d’azzardo è un’invenzione dello stato, il terrorismo è un’invenzione dello stato, il traffico di stupefacenti è un’invenzione dello stato, la mafia è un’invenzione dello stato, le malattie sono un’invenzione dello stato, l’ignoranza è un’invenzione dello stato, le truffe sono un'invenzione dello stato, l'inquinamento è un'invenzione dello stato... Prendiamo pure misure contro il singolo, ma nello stesso tempo aboliamo il sistema. Una volta trasceso il sistema, sarà ancora necessario assumere dei provvedimenti contro l’individuo?
E’ vero che gli uomini paiono più proclivi al male che al bene, ma ci siamo mai domandati quanto di questo male sia il lascito di una plurisecolare oppressione clerico-statale? Non esistono società perfette né forse sono mai esistite, ma presso alcune tribù di nativi americani non erano adoperati strumenti coercitivi anche nei confronti di chi violava le regole della convivenza civile. Il delitto era punizione a sé stesso. Forse è una ricostruzione idealizzata, come quella relativa alle società gilaniche. E’ incontestabile, però, che quanto più lo stato ed il controllo si rafforzano, tanto più si diffonde la delinquenza. E’ naturale che in un mondo rigenerato (se mai sorgerà) non esisteranno né carcerieri né carcerati, “né briganti né gendarmi”.
Già l’esistenza è, in non pochi casi, un carcere. Si eviti di aggiungere al danno un altro danno, soprattutto se si ricorda chi langue nelle “patrie galere”: nella maggior parte dei casi, cittadini ingiustamente incriminati ed ingiustamente reclusi.
Articolo correlato: Freeanimals, Gabbie, 2011
la foto dell' interno della nuova casa dei fratelloni ??
ReplyDeleteSperiamo: non meritano altro quei due truffatori, sciacalli, falsi e bugiardi.
ReplyDeleteBellissimo articolo però.
ReplyDeleteManca la pioggia, tra le invenzioni dello stato.
ReplyDeleteDel resto, si sa': "piove, governo ladro!"
Ad ogni modo, caso mai dovessero accusarmi di furto in futuro, io preferisco la custodia cautelare al taglio della mano, grazie.
Anche preche', se gli errori giudiziari sono cosi' comuni come dice Zret, hai voglia a riattaccarla, quando si dovessero render conto dello sbaglio!
Leggendo questo allegrissimo e piacevolissimo articolo mi sorge una domanda: non è che i fratelloni hanno una fottuta paura di finire in galera?
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