http://zret.blogspot.com/2010/07/cono-dombra.html
Cono d'ombra
Una linea di irrazionalità percorre l'universo, simile ad una fenditura in un muro. Ciò non dipende solo dall'autocontradditorietà del tutto, poiché qualcosa di indefinibile e di oscuro borda i confini del reale. Più si cerca di stanare l'enigma, più esso si interna nel sottosuolo della verità. Tra gli spigoli del mondo che non riusciamo a smussare il più tagliente è il dolore che eclissa la felicità. Noi, infatti, conosciamo la felicità solo per assenza di pena o come rimpianto o come proiezione. E' in questo aspetto proiettivo e dunque alienante che le religioni (anche quelle laiche, come la religione del progresso) dichiarano la loro sconfitta: di fronte alla spoliazione del presente, si lascia splendere il vibrante miraggio del futuro, quando la sofferenza e l'iniquità saranno cancellate.
Nella natura umana è intrinseco l'impulso alla felicità: in questo movimento perennemente frustrato, è inscritto il destino dell'esistenza. Pagine memorabili vergarono, tra gli altri, Lucrezio e Schopenauer su questa tensione insopprimibile ed insoddisfatta, una smania infinita mortificata nel finito. Schopenauer, uno dei più acuti indagatori del dolore, scrisse:"Che ogni felicità sia di natura negativa soltanto... abbiamo una prova. Ogni poesia epica o drammatica può in ogni caso rappresentare soltanto uno sforzo, un'aspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicità e non mai la felicità durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe attraverso mille difficoltà e pericoli sino alla meta: non appena questa è raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Null'altro, infatti, le resterebbe, se non mostrare che la luminosa meta, nella quale forse sognava di trovare l'appagamento, ha beffato anche lui, di modo che, quando l'ha raggiunta, egli non si trova meglio di prima."(Il mondo come volontà e rappresentazione)
Paradossalmente si potrebbe asserire che l'incongruità del mondo non è tanto nei patimenti, ma nell'anelito ad una felicità chimerica che non sappiamo da chi o che cosa fu instillata o se fu conseguenza di un cambiamento. Non potrebbero gli uomini contentarsi di essere come gli animali che non sono torturati da desideri irrealizzabili? Gli uomini, invece, si protendono nell'esistenza, nello spazio-tempo, per carpire un briciolo di gioia, a confronto di una mole abnorme di mali. La coscienza e la conoscenza crescono come edere rampicanti che soffocano un cipresso. Così è invidiabile la condizione dei bruti, paghi, sebbene non sappiano di esserlo. Anche la morte per loro è un lento perdersi in un crepuscolo brumoso.
Per stroncare il dolore, i saggi hanno sempre consigliato di tollerare i fendenti della sorte e di rinunciare ai desideri: si pensi all'abstine et sustine di Epitteto. Facile a dirsi. Così l'unica fuga dall'affanno non è nel piacere, illusorio o talmente fugace da risultare inafferrabile, ma nell'estinzione degli impulsi, in un'attitudine che talora assomiglia ad una negazione. Si compie un moto a ritroso che si prefigge il ritorno ad una (presunta) condizione edenica, ad un essere originario in bilico sul non essere. L'itinerario dell'universo è un sottile cerchio inclinato. Dunque, dopo essere scivolati, si arranca per risalire, cercando di contrastare la forza di gravità e senza guardare nell'abisso.
Spesso si sente citare la necessità di una "liberazione in vita". A volte questa espressione pare equivalente a "liberazione da questa vita".
Nella natura umana è intrinseco l'impulso alla felicità: in questo movimento perennemente frustrato, è inscritto il destino dell'esistenza. Pagine memorabili vergarono, tra gli altri, Lucrezio e Schopenauer su questa tensione insopprimibile ed insoddisfatta, una smania infinita mortificata nel finito. Schopenauer, uno dei più acuti indagatori del dolore, scrisse:"Che ogni felicità sia di natura negativa soltanto... abbiamo una prova. Ogni poesia epica o drammatica può in ogni caso rappresentare soltanto uno sforzo, un'aspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicità e non mai la felicità durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe attraverso mille difficoltà e pericoli sino alla meta: non appena questa è raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Null'altro, infatti, le resterebbe, se non mostrare che la luminosa meta, nella quale forse sognava di trovare l'appagamento, ha beffato anche lui, di modo che, quando l'ha raggiunta, egli non si trova meglio di prima."(Il mondo come volontà e rappresentazione)
Paradossalmente si potrebbe asserire che l'incongruità del mondo non è tanto nei patimenti, ma nell'anelito ad una felicità chimerica che non sappiamo da chi o che cosa fu instillata o se fu conseguenza di un cambiamento. Non potrebbero gli uomini contentarsi di essere come gli animali che non sono torturati da desideri irrealizzabili? Gli uomini, invece, si protendono nell'esistenza, nello spazio-tempo, per carpire un briciolo di gioia, a confronto di una mole abnorme di mali. La coscienza e la conoscenza crescono come edere rampicanti che soffocano un cipresso. Così è invidiabile la condizione dei bruti, paghi, sebbene non sappiano di esserlo. Anche la morte per loro è un lento perdersi in un crepuscolo brumoso.
Per stroncare il dolore, i saggi hanno sempre consigliato di tollerare i fendenti della sorte e di rinunciare ai desideri: si pensi all'abstine et sustine di Epitteto. Facile a dirsi. Così l'unica fuga dall'affanno non è nel piacere, illusorio o talmente fugace da risultare inafferrabile, ma nell'estinzione degli impulsi, in un'attitudine che talora assomiglia ad una negazione. Si compie un moto a ritroso che si prefigge il ritorno ad una (presunta) condizione edenica, ad un essere originario in bilico sul non essere. L'itinerario dell'universo è un sottile cerchio inclinato. Dunque, dopo essere scivolati, si arranca per risalire, cercando di contrastare la forza di gravità e senza guardare nell'abisso.
Spesso si sente citare la necessità di una "liberazione in vita". A volte questa espressione pare equivalente a "liberazione da questa vita".
Ecco, bravo, liberati da questa vita.
ReplyDeleteZert hai mai pensato di tagliati le vene ???
ReplyDeleteCito: Gianni, l'ottimismo è il profumo della vita!
ReplyDeleteAzzo, professo'... quando rollate 'a robba bona, passatela anche agli altri ogni tanto... :P
ReplyDeleteEr, dubito molto che si possa definire "robba bona" qualunque sostanza ti porti a stare così.
ReplyDeleteMarcOriginn ha detto...
ReplyDeleteOggi sorvolo di un MD80 sopra casa mia...bassissimo, a velocità ridicolmente bassa...rumore udibile sin dentro casa a finestre chiuse.
Quando l 'ho visto mi è venuto un colpo! Tutto bianco (si vedevano persino i dettagli dei motori)...
Praticamente era a quota atterraggio...si ma dove cazzo atterrava? A Rimini? sono 50 km da Rimini! Sorvolava beatamente la città come un portatore di morte...magari stava analizzando se l aria era abbastanza satura della loro merda..infami
vedi MarcOrigin è che sei un mentecatto ignorante ...a 50 km un aereo è già sulla direttiva d'atterraggio ma tu probabilmente sei troppo stupido per capirlo.
senti vai a spalare letame con i tuoi amichetti è il lavoro giusto per voi