http://zret.blogspot.com/2010/07/che-cose-la-cosa_21.html
Che cos'è la "cosa"?
Che cos'è la cosa? La cosa è un dato esterno ed oggettivo o un contenuto psichico? L'etimologia di “cosa” dal latino "causa", lascia affiorare la credenza nel nesso causale, superstizione che, pur appartenendo al senso comune e dogma, ancora oggi, degli indirizzi empiristi, non spiega come l'esterno possa agire sull'interno, come un fenomeno possa incidere su un altro, stante la frattura tra la sfera fisica e le dimensioni coscienziali. I fenomeni sono monadi: il tempo li dispone in sequenza attraverso il post hoc e non li concatena per mezzo del propter hoc.
Se interpretiamo la cosa come fatto, come ob-iectum, esegesi peculiare di un approccio realistico al mondo, si rischia di attaccarsi ai fatti: ne risulta non solo un'idolatria dei dati, ma una dipendenza da essi. I dati quindi sono letteralmente dati (ossia porti) a priori: la scienza diventa religione, fede nell'oggettività.
Agli antipodi del sistema realistico, la nozione di "cosa" quale rappresentazione indipendente dall’esterno porta all'idealismo: l'oggetto è un elemento che la coscienza pone. L'oggetto viene così soggettivizzato e ricondotto all'attività dell'io.
Numerose e sfumate le posizioni intermedie, tra cui quelle di tipo fenomenologico: Husserl colloca tra parentesi il mondo, mediante una sospensione del giudizio (epoché), concentrandosi sulla dimensione in cui i fenomeni si manifestano, quindi sulla coscienza. Per Husserl l'oggetto è una realtà trascendente (poiché supera la coscienza, non nel significato di spirituale): esso si annuncia e si presenta nella coscienza attreaverso i fenomeni soggettivi della percezione. Nei fenomeni soggettivi il filosofo distingue la direzione, l'intenzionalità verso l'oggetto (il percepire, il ricordare, l'immaginare...) che è il noesis, e l'oggetto considerato come "dato" (percepito, ricordato, immaginato...), definito noema, a sua volta distinto dalla "res", la "cosa" esterna.
La tripartizione elaborata da Husserl (noesis, che è azione ed intenzione; noema, il risultato dell'intenzione; la cosa che non è solo l'oggetto materiale, ma anche l'essenza, ossia il concetto universale di tutte le cose) evidenzia la complessità dei rapporti che si instaurano tra l'io ed il mondo, relazioni che potrebbero essere mediate ed organizzate da una struttura trascendentale (un Io intersoggettivo che si dispiega in un operare comune di cui il linguaggio, la storia e la società sono le più dirette manifestazioni).
Un Io intersoggettivo potrebbe essere la manifestazione di un Principio generante che promana ed estrinseca le "cose". Siamo al cospetto di problemi enormi: in primo luogo ignoriamo quale sia la sostanza della "cosa", se essa consista in un substrato ilico che, però, si smaterializza quasi nella vibrazione, se essa sia, invece, un simulacro mentale pro-iettato dall'io empirico, dall'Io trascendentale o da una Coscienza cosmica. L'universo è un caleidoscopio di immagini mentali o, per così dire, il precipitato di una soluzione chimica? In verità, la res ora scorporata nella stringa vibrante ora diluita nel pensiero, perde la sua presunta concretezza, per divenire una fugace, inafferrabile ombra.
Che cos'è dunque la “cosa” e dov'è? Là fuori, nella testa o ancora nella mente dell'Essere? E' forse situata in una terra di nessuno? Tali quesiti giganteschi sono, però, eclissati da altre questioni ancora più abissali e vitali: perché la "cosa"? Perché questa "cosa"?
Articolo correlato: C. Penna, Per vedere non basta solo la vista, 2010
Se interpretiamo la cosa come fatto, come ob-iectum, esegesi peculiare di un approccio realistico al mondo, si rischia di attaccarsi ai fatti: ne risulta non solo un'idolatria dei dati, ma una dipendenza da essi. I dati quindi sono letteralmente dati (ossia porti) a priori: la scienza diventa religione, fede nell'oggettività.
Agli antipodi del sistema realistico, la nozione di "cosa" quale rappresentazione indipendente dall’esterno porta all'idealismo: l'oggetto è un elemento che la coscienza pone. L'oggetto viene così soggettivizzato e ricondotto all'attività dell'io.
Numerose e sfumate le posizioni intermedie, tra cui quelle di tipo fenomenologico: Husserl colloca tra parentesi il mondo, mediante una sospensione del giudizio (epoché), concentrandosi sulla dimensione in cui i fenomeni si manifestano, quindi sulla coscienza. Per Husserl l'oggetto è una realtà trascendente (poiché supera la coscienza, non nel significato di spirituale): esso si annuncia e si presenta nella coscienza attreaverso i fenomeni soggettivi della percezione. Nei fenomeni soggettivi il filosofo distingue la direzione, l'intenzionalità verso l'oggetto (il percepire, il ricordare, l'immaginare...) che è il noesis, e l'oggetto considerato come "dato" (percepito, ricordato, immaginato...), definito noema, a sua volta distinto dalla "res", la "cosa" esterna.
La tripartizione elaborata da Husserl (noesis, che è azione ed intenzione; noema, il risultato dell'intenzione; la cosa che non è solo l'oggetto materiale, ma anche l'essenza, ossia il concetto universale di tutte le cose) evidenzia la complessità dei rapporti che si instaurano tra l'io ed il mondo, relazioni che potrebbero essere mediate ed organizzate da una struttura trascendentale (un Io intersoggettivo che si dispiega in un operare comune di cui il linguaggio, la storia e la società sono le più dirette manifestazioni).
Un Io intersoggettivo potrebbe essere la manifestazione di un Principio generante che promana ed estrinseca le "cose". Siamo al cospetto di problemi enormi: in primo luogo ignoriamo quale sia la sostanza della "cosa", se essa consista in un substrato ilico che, però, si smaterializza quasi nella vibrazione, se essa sia, invece, un simulacro mentale pro-iettato dall'io empirico, dall'Io trascendentale o da una Coscienza cosmica. L'universo è un caleidoscopio di immagini mentali o, per così dire, il precipitato di una soluzione chimica? In verità, la res ora scorporata nella stringa vibrante ora diluita nel pensiero, perde la sua presunta concretezza, per divenire una fugace, inafferrabile ombra.
Che cos'è dunque la “cosa” e dov'è? Là fuori, nella testa o ancora nella mente dell'Essere? E' forse situata in una terra di nessuno? Tali quesiti giganteschi sono, però, eclissati da altre questioni ancora più abissali e vitali: perché la "cosa"? Perché questa "cosa"?
Articolo correlato: C. Penna, Per vedere non basta solo la vista, 2010
Mi limito alla domanda iniziale, anche perché non mi potrei assolutamente permettere il lusso di andare oltre: il senso del ridicolo me lo impedisce. Dunque, "la cosa" è quella cosa che tu e quell'altro minus habens di tuo fratello avreste tanto bisogno di cosare, ma che invece non avete neppure mai visto. E qui sta il grosso del vostro problema....
ReplyDeletecosa è la cosa?
ReplyDeleteun film o uno dei fantastici 4
ma vai a pagare le multe che è meglio
Ma perche' zret non puffa la puffa al puffo puffoso ?
ReplyDeletezretino, hai tanto bisogno della cosa... non così tuo fratello che notoriamente preferisce il coso. E parecchia gente a Sanremo ne sa qualcosa ;-)
ReplyDeleteL'etimologia di “cosa” dal latino "causa", lascia affiorare la credenza nel nesso causale, superstizione che, pur appartenendo al senso comune e dogma, ancora oggi, degli indirizzi empiristi, non spiega come l'esterno possa agire sull'interno, come un fenomeno possa incidere su un altro, stante la frattura tra la sfera fisica e le dimensioni coscienziali.
ReplyDeleteAntò, non è che più virgole metti e più l'articolo diventa interessante. La frase che ho riportato è illegibile. Vatti a ripassare un po' di grammatica elementare và...
E poi
Articolo correlato: C. Penna, Per vedere non basta solo la vista, 2010
ROTFL!
gli è passato il singhiozzo però, niente più sic ;)
ReplyDeleteCosa?
ReplyDelete:D
Anonymous said...
ReplyDeleteCosa?
:D
STRALOL
ilpeyote sono il sig. wolf risolvo problemi
L'etimologia di “cosa” dal latino "causa", lascia affiorare la credenza nel nesso causale, superstizione che, pur appartenendo al senso comune e dogma, ancora oggi, degli indirizzi empiristi, non spiega come l'esterno possa agire sull'interno, come un fenomeno possa incidere su un altro, stante la frattura tra la sfera fisica e le dimensioni coscienziali.
ReplyDeleteSe ti avesse sentito la mia insegnante di filosofia ti avrebbe mandato al posto con 3! ;-)
Quindi il nesso causale è una superstizione???
Sei sicuro???
Allora se io ti tiro un sasso in testa e se ti venisse un trauma cranico, perchè sono abbastanza certo che mi citeresti davanti ad un giudice??? Eppure dovresti essere coerente con le sciocchezze che scrivi e non dovresti fare nulla, non essendo tu (come hai chiaramente affermato) in grado di poter dimostrare come il mio tirare la pietra possa aver inciso (sul)la tua testa!!!! ;-)
Brutta cosa non avere una "cosa" da "cosare"... ;-)
Jabba
Articolo correlato: Cazzaro Pinna di squalene, Per vedere non basta solo la vista, 2010
ReplyDeleteilpeyote chiamiamo le cose col proprio nome
http://www.youtube.com/watch?v=6TdI_BPjIiY
ReplyDeleteSaluti
Michele
Rispondo con i versi di Cochi e Renato:
ReplyDelete[parlato]
Questa canzone è dedicata a tutti coloro che hanno una tromba
ma non sanno come usarla
Io ho portato il bombardino!
Ma chi se frega! Brrr
C'è chi fa quella cosa guardando all'insù
o le mosche che giocano sull'abat-jour
c'è chi fa quella cosa pensando all'argent
chi si ispira ai sobbalzi di un treno o di un tram.
C'è chi fa quella cosa e si chiede perché
chi la fa come se fosse fatto di tek
c'è chi giusto a metà sta a rifletterci su
se per fare dei gemelli ne occorre di più.
Non hanno verve... son sempre giù...
i senza tetto dell'amore
fanno all'amor... con su il paltò...
gli schiavi del qui non si può.
C'è chi fa quella cosa cantando un refrain
chi ne calcola il ritmo contando un due e tre
c'è chi fa quella cosa seccato perché
questo è il solo sistema per far dei bebè
c'è chi grida perché si capisca che fa
e ci crepi d'invidia il vicino di là
chi lo fa senza slancio né necessità
perché fa dimagrire con rapidità.
Non hanno verve... son sempre giù...
i senza tetto dell'amore
fanno all'amor... con su il paltò
gli schiavi del qui non si può.
C'è chi fa quella cosa per sportività
o per battere dei record di rapidità
chi si eccita con accessori così
come un libro o una tromba od un paio di sci.
C'è chi quando la cosa si concluderà
chiederà quando e se questa comincerà
c'è chi fa quella cosa senza arte né sprint
per non perdere gli assegni mensili dell'INPS.
Non hanno verve... son sempre giù...
i senza tetto dell'amore
son dei Landrù... della virtù
gli schiavi del non si può più
... e c'è chi quella cosa non pensa e non fa
né comprende coloro a cui buon pro gli fa
né comprende coloro a cui buon pro gli fa.