http://sciechimiche-sanremo.blogspot.com/2010/07/sole-nero.html
Sole nero
"Sole nero" è il titolo della recente canzone composta ed interpretata dai Litifiba. Pierò Pelù, front man del gruppo, dopo una lunga parentesi da solista lontano dalla formazione, vi rientra con un album da cui è tratto il singolo "Sole nero". Il titolo, potentemente evocativo, è denso di significati simbolici: più che alludere, però, all'eclissi della ragione, dichiara l'oscurità letterale e metaforica in cui siamo immersi, oltre ad illuminare di una luce fosca il tramonto della "civiltà". Il Sole nero è un astro spettrale che splende sulle macerie di un mondo in consunzione, ma anche la fiamma che incenerisce "la vita tutta in un istante." Questo bagliore tetro ed implacabile rischiara appena la china ("illumina il cammino") che affonda nelle tenebre della desolazione.
Con disperata ma inesausta volontà, Pelù grida la nostra condizione di uomini contaminati nel corpo e nell'anima ("Sono il figlio delle radiazioni, delle televisioni") e lancia un messaggio che riprende la sua audace ed avventurosa incursione in “Che tempo che fa”, l'inutile programma condotto dal bamboccio Fabio Fazio. Allora il cantante provocò il bellimbusto, spronandolo a trattare l'argomento "scie chimiche". Oggi, insinuandosi tra le fitte maglie della censura, gli autori del pezzo (Renzulli e Pelù), denunciano "le dosi di veleno della mia città": chi ha orecchie per intendere, intenda.
La condizione dimidiata dell'uomo contemporaneo è espressa nelle antitesi ("con l'inferno e il paradiso qui nei miei pensieri, il Dio cervello è pieno o vuoto a metà"), esacerbata dalla difficoltà a trovare il senso e l'equilibrio in sé stessi ("Faccio a botte coi miei sogni, coi miei desideri"). E' una diagnosi impietosa, ma riconoscere i sintomi di questa malattia, i segni di un disagio che pare non sradicabile, è un primo passo verso la terapia e la remissione. Così i "malati" saranno guariti ed i "sani" in realtà sono floridi (all'apparenza) moribondi.
Faccio a botte coi miei sogni
coi miei desideri
con l'inferno e il paradiso
qui nei miei pensieri
Voglio tregua da me stesso
e ballo coi fantasmi
soli lune stelle, eclissi
un'immensità
dove io ti cerco
tra luce e buio a metà
Splende su di noi
e illumina il cammino
che ci sta davanti
brucia dentro e poi
rivedo la mia vita tutta in un istante
E' un sole nero
sul mondo che ci aspetta
e non fa complimenti
Sono il figlio delle radiazioni
delle televisioni
delle dosi di veleno della mia città
dove il Dio cervello
è pieno o vuoto a metà
Splende su di noi
e illumina il cammino
che ci sta davanti
brucia dentro e poi
rivedo la mia vita tutta in un istante
E' un sole nero,
sul mondo che ci aspetta
e non fa complimenti
E' un sole nero [...]
Con disperata ma inesausta volontà, Pelù grida la nostra condizione di uomini contaminati nel corpo e nell'anima ("Sono il figlio delle radiazioni, delle televisioni") e lancia un messaggio che riprende la sua audace ed avventurosa incursione in “Che tempo che fa”, l'inutile programma condotto dal bamboccio Fabio Fazio. Allora il cantante provocò il bellimbusto, spronandolo a trattare l'argomento "scie chimiche". Oggi, insinuandosi tra le fitte maglie della censura, gli autori del pezzo (Renzulli e Pelù), denunciano "le dosi di veleno della mia città": chi ha orecchie per intendere, intenda.
La condizione dimidiata dell'uomo contemporaneo è espressa nelle antitesi ("con l'inferno e il paradiso qui nei miei pensieri, il Dio cervello è pieno o vuoto a metà"), esacerbata dalla difficoltà a trovare il senso e l'equilibrio in sé stessi ("Faccio a botte coi miei sogni, coi miei desideri"). E' una diagnosi impietosa, ma riconoscere i sintomi di questa malattia, i segni di un disagio che pare non sradicabile, è un primo passo verso la terapia e la remissione. Così i "malati" saranno guariti ed i "sani" in realtà sono floridi (all'apparenza) moribondi.
Faccio a botte coi miei sogni
coi miei desideri
con l'inferno e il paradiso
qui nei miei pensieri
Voglio tregua da me stesso
e ballo coi fantasmi
soli lune stelle, eclissi
un'immensità
dove io ti cerco
tra luce e buio a metà
Splende su di noi
e illumina il cammino
che ci sta davanti
brucia dentro e poi
rivedo la mia vita tutta in un istante
E' un sole nero
sul mondo che ci aspetta
e non fa complimenti
Sono il figlio delle radiazioni
delle televisioni
delle dosi di veleno della mia città
dove il Dio cervello
è pieno o vuoto a metà
Splende su di noi
e illumina il cammino
che ci sta davanti
brucia dentro e poi
rivedo la mia vita tutta in un istante
E' un sole nero,
sul mondo che ci aspetta
e non fa complimenti
E' un sole nero [...]
Vivere sotto lo stesso tetto dello psico-zretino dà i suoi frutti. Anche clusò ha bisogno del Prozac
ReplyDeleteNon male.
ReplyDeleteMa questa a mio avviso e' meglio:
http://www.youtube.com/watch?v=qiSkyEyBczU
Saluti
Michele
Con disperata ma inesausta volontà, Pelù grida la nostra condizione di uomini contaminati nel corpo e nell'anima ("Sono il figlio delle radiazioni, delle televisioni") e lancia un messaggio che riprende la sua audace ed avventurosa incursione in “Che tempo che fa”, l'inutile programma condotto dal bamboccio Fabio Fazio. Allora il cantante provocò il bellimbusto, spronandolo a trattare l'argomento "scie chimiche". Oggi, insinuandosi tra le fitte maglie della censura, gli autori del pezzo (Renzulli e Pelù), denunciano "le dosi di veleno della mia città": chi ha orecchie per intendere, intenda.
ReplyDeleteMai vista una forma di paranoia così grave.
A meno che non sia una finta per accalappiare i soliti 4 gonzi ...
A strakkì, non è che realmente stavolta hai detto che non ci credi alle scie?
Per queste persone, la fine del mondo, DEVE venire. Il fatto che li cancelli dalla faccia della terra giustifica tutta la distruzione che ci sarebbe.
ReplyDeleteSfigato sei tu ad essere contaminato nel corpo e nelle mente ! Parla per te !
ReplyDeleteMah...e io che nel ritorno dei Lirfiba leggevo una necessità di liquidità monetaria...
ReplyDeletetzé..
Vostro se.se.su.se
e comunque, caro Rosario Straker Marcianò, guarda che quando Pierò Pelù canta dove il Dio cervello è pieno o vuoto a metà
ReplyDeletesi riferiva, con ottimismo, al tuo cefalo...
Vostro se.se.su.se
cefalo:testa di trilobite
ReplyDeleteper chi fosse digiuno di artropodi
;)
Vostro se.se.su.se
tra l'ottimismo di zrettino (un becchino al suo confronto e' l'apoteosi dell'allegria) e una martellata autoinflitta nelle palle, preferisco la seconda!
ReplyDelete@se.se.su.se:
"Mah...e io che nel ritorno dei Lirfiba leggevo una necessità di liquidità monetaria..."
puo' anche essere, ma comunque il ritorno dei Litfiba e bene!