http://zret.blogspot.com/2010/01/ductus.html
Ductus
Stiamo smarrendo il diletto che proviene dalla scrittura intesa in senso fisico, come atto con cui l'inchiostro si intride nel foglio, simile ad un ruscello che scorre tra bianche prode. La tecnologia ci reca dei vantaggi (non quella - ed è la maggior parte - che cade in mani perfide), ma ci ha privato pure di quella sensazione che oggi solo per avventura proviamo, allorquando, per annotare un rapido appunto, prendiamo una penna ed un biglietto: allora ecco che il liquido sgorga dalla biro, assecondando, docile e sinuoso, il moto della mano e l'impulso del pensiero.
Non importa più quello che si scrive: è solo un arruffio di parole inutili, quanto più cerchiamo di adombrarle di senso. Siamo incantati per qualche istante dal filo che magicamente si dipana, dal rivolo che si diluisce, dalla linea che si inanella in asole, si infittisce di aste, si inarca in meandri. Ora, con l'ancestrale memoria di antichi scribi, incidiamo la superficie, per sovrabbondanza di emozioni, ora la sfioriamo, come se fossimo musici che peritosi tentano le corde di uno strumento. Dal tratto traspare l'anima delle riflessioni o la filigrana di una visione appena percepita nella penombra di un sogno.
In latino il termine "ductus" rende l'idea di una scrittura che è condotta lungo un sentiero immaginale: incommensurabilmente sensoria e tattile era l'esperienza di quegli amanuensi che, con la penna d'oca, trascrivevano testi dei secoli passati. Alla luce calda di una candela, nel silenzio immateriale dello scriptorium, i concetti si tramutavano in lettere tracciate con diligente e calma dedizione. Echi di lontananze immemori erano imprigionati in glifi vergati sulle pergamene.
Non importa più quello che si scrive: è solo un arruffio di parole inutili, quanto più cerchiamo di adombrarle di senso. Siamo incantati per qualche istante dal filo che magicamente si dipana, dal rivolo che si diluisce, dalla linea che si inanella in asole, si infittisce di aste, si inarca in meandri. Ora, con l'ancestrale memoria di antichi scribi, incidiamo la superficie, per sovrabbondanza di emozioni, ora la sfioriamo, come se fossimo musici che peritosi tentano le corde di uno strumento. Dal tratto traspare l'anima delle riflessioni o la filigrana di una visione appena percepita nella penombra di un sogno.
In latino il termine "ductus" rende l'idea di una scrittura che è condotta lungo un sentiero immaginale: incommensurabilmente sensoria e tattile era l'esperienza di quegli amanuensi che, con la penna d'oca, trascrivevano testi dei secoli passati. Alla luce calda di una candela, nel silenzio immateriale dello scriptorium, i concetti si tramutavano in lettere tracciate con diligente e calma dedizione. Echi di lontananze immemori erano imprigionati in glifi vergati sulle pergamene.
Mammolus, Cucciolus, Brontolus, Eolus, DUCTUS, Gongolus, Pisolus: non c'è che dire, è un esperto dei Sette Nani! Ma guai a parlargli di Biancaneve... quella poco di buono!
ReplyDeleteNon importa più quello che si scrive: è solo un arruffio di parole inutili, quanto più cerchiamo di adombrarle di senso.
ReplyDeleteOh, lo dice lui, non noi!
Va a lavorare seriamente, stupidino!
Ironman One
Stiamo smarrendo il diletto che proviene dalla scrittura intesa in senso fisico, come atto con cui l'inchiostro si intride nel foglio, simile ad un ruscello che scorre tra bianche prode.
ReplyDeleteMi aspetto che i prossimi post di Zret siano foto o scansioni di fogli scritti a mano.
...il moto della mano e l'impulso del pensiero.
No comment.
mc
...il moto della mano e l'impulso del pensiero.
ReplyDeletesi il moto della mano che ravana nelle mutande !