http://zret.blogspot.com/2010/01/un-amore-del-nostro-tempo.html
Un amore del nostro tempo
"Un amore del nostro tempo" è un'opera minore di Tommaso Landolfi. Il breve romanzo dipana un intreccio scabroso che si sfilaccia in dialoghi cerebrali, in manierismi alessandrini, forse per riempire il vuoto spirituale della storia. L'arte di Landolfi si snerva ed estenua, in questo libro, fra virtuosismi linguistici, fra ostentate circonvoluzioni riflessive: l'indole sdegnosa dell'autore si trasfonde nei due protagonisti, Anna e Sigismondo, sorella e fratello, i cui atteggiamenti snobistici ed amorali nascondono debolezza ed insoddisfazione. L'autore adotta il punto di vista di Anna, immedesimandosi in una psicologia femminile morbosa, cui affida un diario acre e quasi cinico di sentimenti anatomizzati, di gelide elucubrazioni.
In fondo, "Un amore del nostro tempo" è un libercolo tanto aspro e sgradevole che non meriterebbe di essere letto, se non fosse uno sguardo disincantato ma dolente sul tema della felicità impossibile, sull'egocentrismo umano e sull'oscurità della vita, cui, in particolar modo, è dedicata l'enclave narrativa in cui Sigismondo ricostruisce le vicende dal suo punto di vista. Lo sdoppiamento della voce narrante non riesce, però, ad ampliare l'orizzonte della visione confinata in un'esperienza di vita che è quasi del tutto letteraria, quanto più la tempesta della passione pare tumultuosa.
L'incipit è eloquente: "E' una febbre, un delirio. Che cosa? La vita, che diamine! Fever called living; e, come la febbre, oscura. Accenna talvolta ad alcunché di filato, sembra proporre uno svolgimento ed una conseguenza, ma son momenti". Mentre la magistrale capacità di dipingere la natura in brevi scorci in cui valli e monti effondono sensazioni di infinito, è cifra di Landolfi, "Un amore del nostro tempo" si discosta dalla restante produzione dello scrittore per la chiusura dei personaggi all'altro ed agli altri: Anna e Sigismondo sono prigionieri di una passione esclusiva ed insana, soprattutto perché egoica. Balena solo in alcune sequenze più pensose che l'unica fuga dal tedio e dal non-senso, dal male e sia pure come ammette Anna, "un male eletto, di chi pettini i cani", è "la domanda che noi rivolgiamo al tutto, illusorio o no, che ci circonda."
Che poi questa domanda riceva una risposta oppure echeggi nel nulla, poco o punto importa.
In fondo, "Un amore del nostro tempo" è un libercolo tanto aspro e sgradevole che non meriterebbe di essere letto, se non fosse uno sguardo disincantato ma dolente sul tema della felicità impossibile, sull'egocentrismo umano e sull'oscurità della vita, cui, in particolar modo, è dedicata l'enclave narrativa in cui Sigismondo ricostruisce le vicende dal suo punto di vista. Lo sdoppiamento della voce narrante non riesce, però, ad ampliare l'orizzonte della visione confinata in un'esperienza di vita che è quasi del tutto letteraria, quanto più la tempesta della passione pare tumultuosa.
L'incipit è eloquente: "E' una febbre, un delirio. Che cosa? La vita, che diamine! Fever called living; e, come la febbre, oscura. Accenna talvolta ad alcunché di filato, sembra proporre uno svolgimento ed una conseguenza, ma son momenti". Mentre la magistrale capacità di dipingere la natura in brevi scorci in cui valli e monti effondono sensazioni di infinito, è cifra di Landolfi, "Un amore del nostro tempo" si discosta dalla restante produzione dello scrittore per la chiusura dei personaggi all'altro ed agli altri: Anna e Sigismondo sono prigionieri di una passione esclusiva ed insana, soprattutto perché egoica. Balena solo in alcune sequenze più pensose che l'unica fuga dal tedio e dal non-senso, dal male e sia pure come ammette Anna, "un male eletto, di chi pettini i cani", è "la domanda che noi rivolgiamo al tutto, illusorio o no, che ci circonda."
Che poi questa domanda riceva una risposta oppure echeggi nel nulla, poco o punto importa.
"Che poi questa domanda riceva una risposta oppure echeggi nel nulla, poco o punto importa."
ReplyDeleteAppunto!