http://zret.blogspot.com/2010/06/voce.html
Voce
"Verba volant, scripta manent": questo noto detto aveva in origine significato diverso da quello che gli attribuiamo oggi. Molti credono che si riferisca all'importanza di ancorare ad un testo scritto dichiarazioni e promesse, poiché quanto espresso a voce è fugace e destinato all'oblio. Si ritiene anche che questo proverbio suggerisca la prudenza nello scrivere, perché, se le parole facilmente si dimenticano, gli scritti possono formare, soprattutto nelle mani di malintenzionati, dei documenti talora nocivi, quando siano stati vergati in un momento di malumore o sotto l'impeto di infuocate emozioni.
In verità, verba volant è la propaggine delle "alate parole", formula con cui Omero definiva i discorsi intrecciati tra gli uomini e tra gli uomini e gli dei. I suoni aleggiavano nell'etere per recare con sé echi di sentimenti, pensieri, sogni. Il suono custodiva ancora in età omerica un afflato magico, un'ombra spirituale che con il tempo si è sbiadita sino a scomparire.
Qui non occorre ricordare il valore archetipale del Logos né come Platone giudicasse l'invenzione della scrittura, attribuita dagli antichi al dio egizio Thot, invenzione di cui il filosofo scorse i danni più che i benefici. Bisognerebbe, invece, tentare di comprendere come e perché affiorò nell'uomo l'esigenza di articolare suoni per comunicare il suo mondo interiore. Fu la solitudine del silenzio a generare tale impulso? Furono solo esigenze pratiche a riempire il nulla di voci?
Ci piace pensare che la voce nacque come canto (ma fu forse un grido di fronte al riflesso della coscienza in un lago di tenebre?): il vocabolo latino "carmen" sembra confermare questo mito originario, visto che "carmen" è il componimento poetico, il canto, la formula magica. Il termine deriva da una radice “cammen” che è associata al canto rituale, al verso del gallo, nelle aree celtica ed italica, al suono in generale in ambito greco e germanico.
I confini sono labili: i rumori possono evolvere in ritmi, in partiture, voci e persino in rudimentali linee melodiche. Tutti conservano il fascino dell'invisibile: la voce è immaginifica, dipinge e plasma. La voce è il passato che permane, il tempo che non scorre, il sobbalzo di fronte ad un angolo di memoria rischiarato dal raggio di un accento.
Le voci nel buio inquietano, ma pure si librano come palpiti misteriosi di ali fra le volte e le navate di una cattedrale celeste.
In verità, verba volant è la propaggine delle "alate parole", formula con cui Omero definiva i discorsi intrecciati tra gli uomini e tra gli uomini e gli dei. I suoni aleggiavano nell'etere per recare con sé echi di sentimenti, pensieri, sogni. Il suono custodiva ancora in età omerica un afflato magico, un'ombra spirituale che con il tempo si è sbiadita sino a scomparire.
Qui non occorre ricordare il valore archetipale del Logos né come Platone giudicasse l'invenzione della scrittura, attribuita dagli antichi al dio egizio Thot, invenzione di cui il filosofo scorse i danni più che i benefici. Bisognerebbe, invece, tentare di comprendere come e perché affiorò nell'uomo l'esigenza di articolare suoni per comunicare il suo mondo interiore. Fu la solitudine del silenzio a generare tale impulso? Furono solo esigenze pratiche a riempire il nulla di voci?
Ci piace pensare che la voce nacque come canto (ma fu forse un grido di fronte al riflesso della coscienza in un lago di tenebre?): il vocabolo latino "carmen" sembra confermare questo mito originario, visto che "carmen" è il componimento poetico, il canto, la formula magica. Il termine deriva da una radice “cammen” che è associata al canto rituale, al verso del gallo, nelle aree celtica ed italica, al suono in generale in ambito greco e germanico.
I confini sono labili: i rumori possono evolvere in ritmi, in partiture, voci e persino in rudimentali linee melodiche. Tutti conservano il fascino dell'invisibile: la voce è immaginifica, dipinge e plasma. La voce è il passato che permane, il tempo che non scorre, il sobbalzo di fronte ad un angolo di memoria rischiarato dal raggio di un accento.
Le voci nel buio inquietano, ma pure si librano come palpiti misteriosi di ali fra le volte e le navate di una cattedrale celeste.
Scripta manent, et freezepage manent ad libitum.
ReplyDeleteTu quoque nosci, magister Zret: nemo fugit ab iustitia :)
(Spero di essermi ricordato giusto il mio latino di 30 anni fa al liceo scientifico, non ho voglia di andare a tirar fuori lo IL ...)
Er, anch'io ho pensato più o meno la stessa cosa (non in latino :)).
ReplyDeletePoi, un'osservazione.
Qui non occorre ricordare il valore archetipale del Logos né come Platone giudicasse l'invenzione della scrittura, attribuita dagli antichi al dio egizio Thot, invenzione di cui il filosofo scorse i danni più che i benefici.
professò di 'sta pinna di squalene, perché racconti queste minchiate? Come fai ad affermare che Platone riteneva dannosa la scrittura, dato che scrisse un sacco di dialoghi e lettere? Avessi detto Socrate, che non lasciò nessuno scritto... CHE COSA MINCHIA INSEGNI?
ilpeyote ma vattene bugiardo
Già....
ReplyDeletePoi parte da "verba volant, scripta manent" per dire che il significato originale era diverso...
Ora... ha discusso la parte "verba volant" (in maniera opinabile) ma si è dimenticato di spiegarci il significato originale di "scripta manent". O mi sbaglio??
Insomma... comincia a dire che la frase ha un significato diverso e, dopo un'amena supercazzola, non spiega quale sia il significato originale!!!
Forse che il significato originale sia esattamente quello che ci hanno "passato" per quelche millennio???
Sull'uscita riguardo Platone, poi, stendo un velo pietoso: la mia insegnante di filosofia avrebbe "cacciato" al posto con un 3 netto e pulito un qualunque studente che avesse affermato quello che ha scritto il "professore"...
Bah...
Jabba
Zretino, le vaccate che hai scritto su internet finora sono state tutte salvate e registrate. Puoi piangere quanto vuoi, ma "carta canta" (noi popolani usiamo altri detti).
ReplyDeleteE in tribunale vedrai che conta quella.
Puppa.
più che altro qua "Erba volant" o forse troppo poca bhò a voi la sentenza
ReplyDeleteIo direi anche sursum corda, nemo nominem, sed alea iacta est
ReplyDeleteE ho detto tutto. :D
Saluti
Michele