http://zret.blogspot.com/2011/08/click.html
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Qualche sera fa, un canale ha mandato in onda un programma sull’eutanasia nella Germania nazionalsocialista. E' stato inevitabile il corollario di immagini con i campi in cui prigionieri languivano per gli stenti: teste inteschiate su corpi scheletriti. Sono le immagini che, con insopportabile retorica, vengono additate alle nuove generazioni affinché inorridiscano di fronti ai crimini del Terzo Reich. Quando si esibiscono tali spettacoli di abbrutimento e di morte, si sottolinea sempre la distanza, una distanza abissale: i binari che muoiono nei luoghi di concentramento, i crematori, il filo spinato, le sevizie... appartengono ad un’epoca sideralmente lontana, irripetibile, congelata in una durata atemporale.
Sappiamo che non è così: non è neppure necessario seguire un dossier sui campi dove sono rinchiusi profughi di questo o quell’altro gruppo etnico, sventurati che fuggono dalle guerre e dalle carestie, poiché è sufficiente entrare in un nosocomio o in un ospizio per assistere a scene di indicibile sofferenza e di umiliazione. Pazienti abbandonati in letti luridi, malati smunti e piagati, corsie tetre e maleodoranti, reparti squallidi dove non entra mai un filo d’aria: sono questi i protagonisti e gli spazi di un mondo che “vive” accanto a noi.
Che pensare poi delle stalle, delle porcilaie, dei macelli, delle carceri, delle caserme, della camere di tortura, degli opifici? L’inferno è (quasi) qui, appena dietro l’angolo, nella sua distante vicinanza, nella sua intangibile contiguità. Nelle residenze principesche dei maggiorenti la morte, quando entra, ha passo felpato ed è paludata in modo solenne. La morte è una livella? In parte.
Paradossalmente l’età che ha collocato l’uomo sul piedistallo, esprimendo un antropocentrismo inflessibile, è la stessa che l’ha reificato, assimilando un quarto di carne ad un arto mozzato: stanno bene insieme sul piano marmoreo di una macelleria, magari con un ciuffo di prezzemolo che esalti il rosso del sangue.
No. I filmati e gli scatti, con cui era immortalata l’agonia di semivivi ad Auschwitz, non sono molto diversi dalle istantanee dei nostri tempi destinati a diventare teatri della crudeltà sempre più truculenti. Oggi quasi tutti hanno una macchina fotografica digitale, spesso incorporata nel telefono cellulare.
Per testimoniare, se ancora qualcuno vuole essere testimone, è sufficiente un click.
Sappiamo che non è così: non è neppure necessario seguire un dossier sui campi dove sono rinchiusi profughi di questo o quell’altro gruppo etnico, sventurati che fuggono dalle guerre e dalle carestie, poiché è sufficiente entrare in un nosocomio o in un ospizio per assistere a scene di indicibile sofferenza e di umiliazione. Pazienti abbandonati in letti luridi, malati smunti e piagati, corsie tetre e maleodoranti, reparti squallidi dove non entra mai un filo d’aria: sono questi i protagonisti e gli spazi di un mondo che “vive” accanto a noi.
Che pensare poi delle stalle, delle porcilaie, dei macelli, delle carceri, delle caserme, della camere di tortura, degli opifici? L’inferno è (quasi) qui, appena dietro l’angolo, nella sua distante vicinanza, nella sua intangibile contiguità. Nelle residenze principesche dei maggiorenti la morte, quando entra, ha passo felpato ed è paludata in modo solenne. La morte è una livella? In parte.
Paradossalmente l’età che ha collocato l’uomo sul piedistallo, esprimendo un antropocentrismo inflessibile, è la stessa che l’ha reificato, assimilando un quarto di carne ad un arto mozzato: stanno bene insieme sul piano marmoreo di una macelleria, magari con un ciuffo di prezzemolo che esalti il rosso del sangue.
No. I filmati e gli scatti, con cui era immortalata l’agonia di semivivi ad Auschwitz, non sono molto diversi dalle istantanee dei nostri tempi destinati a diventare teatri della crudeltà sempre più truculenti. Oggi quasi tutti hanno una macchina fotografica digitale, spesso incorporata nel telefono cellulare.
Per testimoniare, se ancora qualcuno vuole essere testimone, è sufficiente un click.
"Oggi quasi tutti hanno una macchina fotografica digitale, spesso incorporata nel telefono cellulare."
ReplyDeletetranne i peracottari attivisti delle scie comiche evidentemente che, ogni volta che raccontano di aver visto una grande sciata di gruppo o un aereo passare a non più di 1000 metri da terra .... non avevano nulla a portata di mano per documentare!
Che dire: quando essere degli imbecilli diventa la principale ragione di vita...
Secondo me vive in un altro mondo
ReplyDeleteI neonazisti amano molto minimizzare l'olocausto. Vero maestrino?
ReplyDelete... Che pensare poi delle stalle, delle porcilaie, dei macelli, delle carceri, delle caserme, della camere di tortura, degli opifici? ...
ReplyDeleteA parte le neanche tanto velate minimizzazioni dell'olocausto, quelli che hai nominato sono tutti posti dove si lavora, parola sconosciuta a voi due fratelloni terrazzinati acconguagliati che rubate lo stipendio (uno) e vivete alle spalle degli altri (l'altro).
Spandete un po' di sudore dalla fronte come fa la gente comune, e poi vi renderete conto della massa di cazzate che sparate.
Sono stato a Auschwitz due settimane fa. E non somiglia a un nosocomio, Zret
ReplyDeleteEd
"Che pensare poi delle stalle, delle porcilaie, dei macelli, delle carceri, delle caserme, della camere di tortura, degli opifici? "
ReplyDeleteZret: penso che in nessuno dei luoghi da te citati (neppure nelle camere di tortura) dalle docce esce il gas asfissiante al posto dell'acqua.
Posso capire l'espediente retorico dell'iperbole nell'accostare un campo di sterminio ad un ospedale od una caserma, per denunciare le condizioni pietose ed alienanti (per gli occupanti) in cui molti di questi luoghi pubblici versano.
Cio' non di meno, due distinguo sono d'obbligo:
1) non tutti gli ospedali o le carceri sono uguali. In alcuni si sta meglio ed in altri peggio.
2) un campo di sterminio aveva un solo ed unico scopo: sterminare della gente selezionata in base ad un allucinato e sbagliato presupposto etnico. Se nel frattempo si riusciva anche ad estrarre un po' di lavoro (schiavile) utile per non mandare troppo in negativo il "bilancio energetico", tanto meglio...
Fammi un solo esempio, tra le strutture da te citate, che abbia lo sterminio organizzato tra le sue finalita' (neppure le camere di tortura ricadono in questa categoria!)
Della serie: "falso come e più di Giuda"
ReplyDeleteQuando si esibiscono tali spettacoli di abbrutimento e di morte, si sottolinea sempre la distanza, una distanza abissale: i binari che muoiono nei luoghi di concentramento, i crematori, il filo spinato, le sevizie... appartengono ad un’epoca sideralmente lontana, irripetibile, congelata in una durata atemporale.
professò cogliò, mostri come al solito che la tua professione è mentire sempre. Ebbene, il mostrare certi orrori non fa niente di quel che tu cianci, anzi: ricorda a tutti quelli che pensano (tu sei escluso, ovviamente) quanto possono essere vicini a noi l'odio verso il nostro prossimo e le aberrazioni dell'uomo. E se non ricordassimo e documentassimo certi crimini e tragedie sta' pur certo che si ripeterebbero molto più spesso di quanto accada. Rammenti "il sonno della ragione genera mostri"? Ecco: tu e altri come te siete certi degni figli di questo sonno. E meno male che tu saresti un insegnante.
Vergognati.
ilpeyote ma vattene clown straccione che non sei altro
ps: scusate i toni, spero di non essere apparso troppo retorico
Vedo che il lavoro in un "opificio" di fa orrore quanto un lager nazista.
ReplyDeleteBene. Questo spiega molte cose.
Mi piacerebbe sapere se, oltre a criticare, abbia delle valide alternative alle fabbriche e agli ospedali.
ReplyDeleteAh certo, le truffe e le medicine miracolose!
zret, sei un neonazista di merda!
ReplyDeleteNo, Cribbio: è una merda, punto.
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