Rotaie
E’ come quando gli avventori di un locale tra una chiacchiera e l’altra gettano appena ogni tanto uno sguardo distratto allo schermo che sciorina scene di vita, di morte, di futili gioie e di lancinanti sofferenze. Siamo noi i volti dello schermo e la “realtà” è là dentro. Che importa se il volume è alto e se le immagini grondano sangue e disperazione! All’esterno giunge appena un’eco sbiadita di preghiere e blasfemie. Forse nessuno ascolta. Forse chi ascolta non sa come comunicare, quasi universi equidistanti fossero destinati a muoversi su binari paralleli che non convergeranno mai.
E’ così: almeno due mondi coesistono. Mentre consumiamo la nostra piccola, preziosa esistenza tra il fuoco incrociato degli eventi, mentre dipaniamo il filo che presto o tardi sarà reciso, un altro filo – tagliente – è srotolato. E’ incredibile: mentre in questi luoghi – carceri, ospedali, manicomi, ospizi, mattatoi… – superiamo il grado di dolore che ci sembrava sopportabile, luoghi di patimenti indicibili e di degradazione, altri si adoperano per rendere la già triste condizione umana un inferno. Il potere è un’escrescenza purulenta, una piaga infetta.
Si cammina e si forma un’ombra doppia: una è la nostra, ma l’altra è una gramaglia che soffoca la luce. Si avverte la sensazione che qualcosa non quadri. E’ il lavorio di un tarlo nella mente, silenzioso, instancabile. E’ stato definito “male di vivere”, ma è più male di sopravvivere, giorno dopo giorno, senza conoscere né il fine né la fine. Sarà solo apparenza e gioco, ma siamo certi che qualcuno non si diverte e che l’apparenza non è come appare?
Viviamo in un cosmo alla deriva, relitti sulle sponde di un universo dimenticato.
Asfissiati dal cappio della quotidianità, dilaniati da una ricerca estenuante e vana, colpiti dai fendenti della sorte, mietuti dalla falce del tempo, la nostra vita assomiglia a quella di certi fili d’erba. Spuntano a stento fra le rotaie e le traversine delle ferrovie che corrono tristi verso la ruggine dell’orizzonte. Si protendono per bere una goccia di luce, per afferrare un raggio di pioggia.
Di quando in quando, i manutentori dei binari tagliano quei fili grami, mezzo rinsecchiti. Chi nota la stenta esistenza di quelle insignificanti vite? Chi ne nota la morte?
E’ così: almeno due mondi coesistono. Mentre consumiamo la nostra piccola, preziosa esistenza tra il fuoco incrociato degli eventi, mentre dipaniamo il filo che presto o tardi sarà reciso, un altro filo – tagliente – è srotolato. E’ incredibile: mentre in questi luoghi – carceri, ospedali, manicomi, ospizi, mattatoi… – superiamo il grado di dolore che ci sembrava sopportabile, luoghi di patimenti indicibili e di degradazione, altri si adoperano per rendere la già triste condizione umana un inferno. Il potere è un’escrescenza purulenta, una piaga infetta.
Si cammina e si forma un’ombra doppia: una è la nostra, ma l’altra è una gramaglia che soffoca la luce. Si avverte la sensazione che qualcosa non quadri. E’ il lavorio di un tarlo nella mente, silenzioso, instancabile. E’ stato definito “male di vivere”, ma è più male di sopravvivere, giorno dopo giorno, senza conoscere né il fine né la fine. Sarà solo apparenza e gioco, ma siamo certi che qualcuno non si diverte e che l’apparenza non è come appare?
Viviamo in un cosmo alla deriva, relitti sulle sponde di un universo dimenticato.
Asfissiati dal cappio della quotidianità, dilaniati da una ricerca estenuante e vana, colpiti dai fendenti della sorte, mietuti dalla falce del tempo, la nostra vita assomiglia a quella di certi fili d’erba. Spuntano a stento fra le rotaie e le traversine delle ferrovie che corrono tristi verso la ruggine dell’orizzonte. Si protendono per bere una goccia di luce, per afferrare un raggio di pioggia.
Di quando in quando, i manutentori dei binari tagliano quei fili grami, mezzo rinsecchiti. Chi nota la stenta esistenza di quelle insignificanti vite? Chi ne nota la morte?
Mamma mia! zret, il mondo non è quello che descivi tu. Fattene una ragione, sei malato e dovresti curarti sei vuoi vedere uno spiraglio di luce in fondo alla tua tetra esistenza.
ReplyDeletesolo rotaie ? ma qualche deviatoio non ce lo vogliamo aggiungere ? poi una stazioncina qualche tronchino un magazzino merci et voilà un bel plastico ferroviario con cui passare il tempo libero !
ReplyDeleteil peyote Rivarossi !!!
Di quando in quando, i manutentori dei binari tagliano quei fili grami, mezzo rinsecchiti. Chi nota la stenta esistenza di quelle insignificanti vite? Chi ne nota la morte?
ReplyDeleteMa vattene, cretino, da quando in qua c'è gente che va a falciare fili d'erba tra i binari? Hai dei problemi esistenziali, professò cogliò? Ebbene, riconosci il tutto e va' a curarti. Non lo fai? AFFARI TUOI, non ammorbare la gente con certe idiozie, clown patetico che non sei altro.
Beh, nessuno l'erba la falcia (certe tranvie in Germania hanno l'erba apposta fra le rotaie, per ridurre il rumore), ma esistono treni o singoli vagoni appositi per il diserbo. Ma si usano diserbanti o, in qualche apparato sperimentale, vapore.
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