http://zret.blogspot.com/2010/11/che-cose-la-spiritualita.html
Che cos'è la spiritualità?
Che cos’è la spiritualità? Qualcuno scrisse con sarcasmo che “lo Spirito è la reificazione del nulla”: ben venga codesta definizione, se intendiamo il nulla come l’invisibile sorgente del tutto. In verità, sfiorare un argomento come lo Spirito è audacia ed ingenuità, poiché è come se volessimo esplorare gli spazi siderali distanti anni-luce dalla Terra solo con gli occhi. Eppure abbiamo occhi per interrogare il mondo ed orecchi per ascoltare l’abissale silenzio delle risposte.
Lì, sulla soglia, il linguaggio si sgrana e le parole si arrendono di fronte all’enigma, ma una manciata di sillabe può ancora strappare all’incomprensibile un brandello di verità. Se i sensi sono quasi del tutto ottusi di fronte allo Spirito, lo sguardo interiore può, in casi eccezionali, che sono stati di grazia, coglierne una favilla.
E’ necessario trascendere la materia: siamo non tanto pesci in un acquario, condannati a vedere il cosmo da una sola angolazione, quanto libellule imprigionate in una goccia d’ambra. Se riteniamo che nulla esista oltre il mondo fisico, che tutto sia numero, ci sarà per sempre preclusa la possibilità di concepire un universo avulso da ferree leggi di disfacimento e di morte. Se crediamo che il pensiero sia una funzione del cervello e che, come affermava Hyppolite Taine, la virtù ed il vizio siano assimilabili rispettivamente allo zucchero ed al vetriolo, allora vedremo nell’Eneide o in una sinfonia di Beethoven, solo degli elaborati diagrammi. L’intelligenza che crea i capolavori non è nell’encefalo che è strumento: essa travalica le reazioni biochimiche per albergare in un luogo che è un non-luogo, provenendo da un tempo che è non-tempo.
Troveremo sempre lo strenuo assertore del meccanicismo e del materialismo e certi suoi argomenti sono pure persuasivi, se consideriamo il mondo fenomenico gravato dall’entropia, ma davvero il cosmo è solo un congegno per quanto sofisticato?
E’ impossibile dimostrare, ricorrendo alla ragione, che oltre (o sotto?) la materia, aleggia lo Spirito. "Mens agitat molem" è una bella metafora, non un teorema. La dimensione metafisica (talvolta sarei tentato di denominare la metafisica “subfisica”, in quanto substrato della materia, combustibile con cui si produce l’energia, fiume carsico) ha le sue radici nel mondo intelligibile, non si può esperire: così errano coloro che, tramite la matematica, credono di poter dedurre l’esistenza di sfere spirituali e persino di Dio, come sbagliano coloro che negano a priori qualsiasi orizzonte ulteriore.
La visione di questo orizzonte è riservata a pochi eletti: se tutti potessimo tuffarci nell’oceano sotto la realtà quotidiana, vivremmo esperienze magnifiche. Abraham Maslow le ha chiamate “esperienze di picco”. Purtroppo ai comuni mortali questi momenti assoluti non sono concessi o sono concessi in rarissime occasioni: né manuali né corsi accorceranno il lungo cammino che separa la notte dall'alba, benché possano essere usati a mo’ di grucce. Anche, qualora uno di noi riuscisse a vivere, ancora vivo, l’estasi, potrebbe poi comunicare il suo vissuto, per mezzo dei miseri mezzi linguistici di cui disponiamo? Il mistico è custodito nel silenzio.
E’ impossibile dimostrare come mostrare lo Spirito, quantunque talora se ne intraveda indistintamente un barlume e si intuisca il senso oltre la compatta campitura del non-senso, come il tenue disegno di una costellazione colto grazie ad un’intuizione percettiva (realtà? Illusione?). E’ necessario, più che credere, avventurarsi contro ogni logica: perderemo tutto, ma guadagneremo l’infinito.
Articolo correlato: F. Lamendola, Attimi di eternità, 2010
Lì, sulla soglia, il linguaggio si sgrana e le parole si arrendono di fronte all’enigma, ma una manciata di sillabe può ancora strappare all’incomprensibile un brandello di verità. Se i sensi sono quasi del tutto ottusi di fronte allo Spirito, lo sguardo interiore può, in casi eccezionali, che sono stati di grazia, coglierne una favilla.
E’ necessario trascendere la materia: siamo non tanto pesci in un acquario, condannati a vedere il cosmo da una sola angolazione, quanto libellule imprigionate in una goccia d’ambra. Se riteniamo che nulla esista oltre il mondo fisico, che tutto sia numero, ci sarà per sempre preclusa la possibilità di concepire un universo avulso da ferree leggi di disfacimento e di morte. Se crediamo che il pensiero sia una funzione del cervello e che, come affermava Hyppolite Taine, la virtù ed il vizio siano assimilabili rispettivamente allo zucchero ed al vetriolo, allora vedremo nell’Eneide o in una sinfonia di Beethoven, solo degli elaborati diagrammi. L’intelligenza che crea i capolavori non è nell’encefalo che è strumento: essa travalica le reazioni biochimiche per albergare in un luogo che è un non-luogo, provenendo da un tempo che è non-tempo.
Troveremo sempre lo strenuo assertore del meccanicismo e del materialismo e certi suoi argomenti sono pure persuasivi, se consideriamo il mondo fenomenico gravato dall’entropia, ma davvero il cosmo è solo un congegno per quanto sofisticato?
E’ impossibile dimostrare, ricorrendo alla ragione, che oltre (o sotto?) la materia, aleggia lo Spirito. "Mens agitat molem" è una bella metafora, non un teorema. La dimensione metafisica (talvolta sarei tentato di denominare la metafisica “subfisica”, in quanto substrato della materia, combustibile con cui si produce l’energia, fiume carsico) ha le sue radici nel mondo intelligibile, non si può esperire: così errano coloro che, tramite la matematica, credono di poter dedurre l’esistenza di sfere spirituali e persino di Dio, come sbagliano coloro che negano a priori qualsiasi orizzonte ulteriore.
La visione di questo orizzonte è riservata a pochi eletti: se tutti potessimo tuffarci nell’oceano sotto la realtà quotidiana, vivremmo esperienze magnifiche. Abraham Maslow le ha chiamate “esperienze di picco”. Purtroppo ai comuni mortali questi momenti assoluti non sono concessi o sono concessi in rarissime occasioni: né manuali né corsi accorceranno il lungo cammino che separa la notte dall'alba, benché possano essere usati a mo’ di grucce. Anche, qualora uno di noi riuscisse a vivere, ancora vivo, l’estasi, potrebbe poi comunicare il suo vissuto, per mezzo dei miseri mezzi linguistici di cui disponiamo? Il mistico è custodito nel silenzio.
E’ impossibile dimostrare come mostrare lo Spirito, quantunque talora se ne intraveda indistintamente un barlume e si intuisca il senso oltre la compatta campitura del non-senso, come il tenue disegno di una costellazione colto grazie ad un’intuizione percettiva (realtà? Illusione?). E’ necessario, più che credere, avventurarsi contro ogni logica: perderemo tutto, ma guadagneremo l’infinito.
Articolo correlato: F. Lamendola, Attimi di eternità, 2010
Zret che cazzo di domande. Tu non capisci un cazzo, quindi che domandi a fare?
ReplyDeletePurtroppo ai comuni mortali questi momenti assoluti non sono concessi o sono concessi in rarissime occasioni: né manuali né corsi accorceranno il lungo cammino che separa la notte dall'alba, benché possano essere usati a mo’ di grucce. Anche, qualora uno di noi riuscisse a vivere, ancora vivo, l’estasi, potrebbe poi comunicare il suo vissuto, per mezzo dei miseri mezzi linguistici di cui disponiamo? Il mistico è custodito nel silenzio.
ReplyDeleteQuesto professò cogliò razzista insegna? E da chi minchia l'avrebbe imparato, l'italiano, da un lampadario samoano madrelingua?
ilpeyote cambiategli il cocktail di farmaci
ps: captcha = PALLYD
@ la tigre della malora
ReplyDelete"...l'avrebbe imparato..."
Come sappiamo lui non impara ma, INSEGNA!
E poi la scuola va come va!
Alla domanda del titolo, però, si può rispondere a colpo sicuro: qualcosa di cui zret non capisce una beneamata fava, come di tanta altre cose del resto...
Eggià, Margotti, lui INSEGNA, pur non avendo imparato una beata fava di niente.
ReplyDeleteilpeyote professò cogliò non sei buono neanche per la cava
Dimenticavo: l'interdetto usa più virgole che argomenti (beh, è facile, essendo quest'ultimi pari a zero) per giustificare le sue troiate.
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